Tempo Ordinario

domenica 25 novembre 2007

IL TEMPO DI AVVENTO

Nel tempo in cui incomincia a determinarsi l'esigenza di un periodo di preparazione alle feste della manifestazione del Signore, la Chiesa aveva già fissato le modalità di preparazione alle feste pasquali. Nel IV secolo il tempo pasquale e quaresimale avevano già assunto una configurazione vicinissima a quella attuale.

L'origine del tempo di Avvento è più tardiva, infatti viene individuata tra il IV e il VI secolo. La prima celebrazione del Natale a Roma è del 336, ed è proprio verso la fine del IV secolo che si riscontra in Gallia e in Spagna un periodo di preparazione alla festa del Natale.

Per quanto la prima festa di Natale sia stata celebrata a Roma, qui si verifica un tempo di preparazione solo a partire dal VI secolo. Senz'altro non desta meraviglia il fatto che l'Avvento nasca con una configurazione simile alla quaresima, infatti la celebrazione del Natale fin dalle origini venne concepita come la celebrazione della risurrezione di Cristo nel giorno in cui si fa memoria della sua nascita. Nel 380 il concilio di Saragozza impose la partecipazione continua dei fedeli agli incontri comunitari compresi tra il 17 dicembre e il 6 gennaio.

In seguito verranno dedicate sei settimane di preparazione alle celebrazioni natalizie. In questo periodo, come in quaresima, alcuni giorni vengono caratterizzati dal digiuno. Tale arco di tempo fu chiamato "quaresima di s. Martino", poiché il digiuno iniziava l'11 novembre. Di ciò è testimone s. Gregorio di Tours, intorno al VI secolo.
La teologia dell'Avvento ruota attorno a due prospettive principali. Da una parte con il termine "adventus" (= venuta, arrivo) si è inteso indicare l'anniversario della prima venuta del Signore; d'altra parte designa la seconda venuta alla fine dei tempi.

Il Tempo di Avvento ha quindi una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all'attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.
Il Tempo di Avvento comincia dai primi Vespri della domenica che capita il 30 novembre o è la più vicina a questa data, e termina prima dei primi Vespri di Natale. E' caratterizzato da un duplice itinerario - domenicale e feriale - scandito dalla proclamazione della parola di Dio.

1. Le domeniche

Le letture del Vangelo hanno nelle singole domeniche una loro caratteristica propria: si riferiscono alla venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica), a Giovanni Battista (Il e III domenica); agli antefatti immediati della nascita del Signore (IV domenica). Le letture dell'Antico Testamento sono profezie sul Messia e sul tempo messianico, tratte soprattutto dal libro di Isaia. Le letture dell'Apostolo contengono esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo.

2. Le ferie

Si ha una duplice serie di letture: una dall'inizio dell'Avvento fino al 16 dicembre, l'altra dal 17 al 24. Nella prima parte dell'Avvento si legge il libro di Isaia, secondo l'ordine del libro stesso, non esclusi i testi di maggior rilievo, che ricorrono anche in domenica. La scelta dei Vangeli di questi giorni è stata fatta in riferimento alla prima lettura. Dal giovedì della seconda settimana cominciano le letture del Vangelo su Giovanni Battista; la prima lettura è invece o continuazione del libro di Isaia, o un altro testo, scelto in riferimento al Vangelo. Nell'ultima settimana prima del Natale, si leggono brani del Vangelo di Matteo (cap. 1) e di Luca (cap. 1) che propongono il racconto degli eventi che precedettero immediatamente la nascita del Signore. Per la prima lettura sono stati scelti, in riferimento al Vangelo, testi vari dell'Antico Testamento, tra cui alcune profezie messianiche di notevole importanza.
Come si è appena visto, il tempo di Avvento guida il cristiano attraverso un duplice itinerario: "È tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all'attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi" (Norme per l'anno liturgico e il calendario, 39: Messale p. LVI). Nella liturgia delle prime tre domeniche e nelle ferie sino al 16 dicembre si può notare l'insistenza sul tema della seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi, mentre nei giorni compresi tra il 17 e il 24 tutta la liturgia è ormai tesa verso la celebrazione della nascita del Figlio di Dio. La novena di Natale cade pienamente nel secondo periodo dell'Avvento.

Le novene sono celebrazioni popolari che nell'arco dei secoli hanno affiancato le "liturgie ufficiali". Esse sono annoverate nel grande elenco dei "pii esercizi". "I pii esercizi - afferma J. Castellano - si sono sviluppati nella pietà occidentale del medioevo e dell'epoca moderna per coltivare il senso della fede e della devozione verso il Signore, la Vergine, i santi, in un momento in cui il popolo rimaneva lontano dalle sorgenti della bibbia e della liturgia o in cui, comunque, queste sorgenti rimanevano chiuse e non nutrivano la vita del popolo cristiano".

La novena di Natale, pur non essendo "preghiera ufficiale" della Chiesa, costituisce un momento molto significativo nella vita delle nostre comunità cristiane. Proprio perché non è una preghiera ufficiale essa può essere realizzata secondo diverse usanze, ma un indiscusso "primato" spetta alla novena tradizionale, nella notissima melodia gregoriana nata sul testo latino ma diffusa anche nella versione italiana curata dai monaci benedettini di Subiaco.

La domanda che ogni operatore pastorale dovrebbe porsi di anno in anno è: "come posso valorizzare la novena di Natale per il cammino di fede della mia comunità?".

Può infatti capitare che tale novena continui a conservare intatta la caratteristica di "popolarità" venendo però a mancare la dimensione ecclesiale, celebrativa e spirituale. Tali dimensioni vanno recuperate e valorizzate per non far scadere la novena in "fervorino pre-natalizio".

1. Recupero della dimensione ecclesiale-assembleare

Pur non essendo - come si è detto - una preghiera ufficiale della Chiesa, la novena può costituire un momento ecclesiale molto significativo. Molti vi partecipano perché "attratti" dalla "novena in latino" (le chiese in cui la si canta in "lingua ufficiale" sono gremite!) e vi si recano per una forma di godimento personale che pone radici nella nostalgia dei tempi passati e non nel desiderio di condividere un momento di approfondimento della propria fede. È bene che i partecipanti prendano coscienza che sono radunati per una celebrazione che ha lo scopo di preparare il cuore del cristiano a vivere degnamente la celebrazione del Natale.

2. Recupero della dimensione celebrativa

La novena di Natale è molto vicina alla celebrazione dei vespri. Va pertanto realizzata attraverso una saggia utilizzazione dei simboli della preghiera serale: la luce e l'incenso. È bene che vi sia una proclamazione della parola e una breve riflessione. L'intervento in canto dell'assemblea va preparato e guidato. È utile ricordare che l'esposizione del SS. Sacramento col solo scopo di impartire la benedizione eucaristica - usanza frequente nelle novene di Natale - è vietata (Rito del culto eucaristico n. 97).

3. Recupero della dimensione spirituale

La novena di natale è una "antologia biblica" ricca di nutrimento per lo spirito. È quindi l'occasione per proporre non una spiritualità devozionale ma ispirata profondamente dalla Parola di Dio. Non è l'occasione per fare "bel canto" ma per lasciarsi coinvolgere esistenzialmente dalla Parola di Dio cantata.

venerdì 23 novembre 2007

La Giornata Nazionale della Colletta Alimentare


"Banco Alimentare" è una rete di organizzazioni senza scopo di lucro che ha come finalità la raccolta delle eccedenze di produzione, agricole e dell'industria specialmente alimentare e la redistribuzione delle stesse ad Enti ed iniziative di aiuto ai poveri ed agli emarginati.
La Fondazione Banco Alimentare Onlus raccoglie le eccedenze alimentari e le ridistribuisce ad Enti ed iniziative che, in Italia, si occupano di assistenza e di aiuto ai poveri ed agli emarginati.

Per questo si pone al servizio, da un lato, delle aziende del settore che abbiano problemi di stock ed eccedenze perfettamente commestibili e, dall'altro, delle Associazioni ed Enti assistenziali che distribuiscono ai propri assistiti pasti o generi alimentari in via continuativa.

La rete Banco Alimentare è allora il tramite ideale perché l'eventuale "spreco" della filiera agro-alimentare diventi ricchezza per gli enti assistenziali che ogni giorno, con impegno e dedizione, accolgono i più poveri tra noi.
La Giornata Nazionale della Colletta Alimentare nasce come un gesto di condivisione dei bisogni a livello popolare: i volontari invitano le persone che stanno per fare la spesa al supermercato ad acquistare alcuni generi alimentari di prima necessità per offrirli a chi ne ha bisogno.

Nella storia di "Banco Alimentare" in Europa, questo evento nasce nel 1987 in Francia, per poi propagarsi ulteriormente negli altri Paesi europei dove esiste "Banco Alimentare".

In Italia questa esperienza inizia nel 1997 con un primo risultato di 1.600 tonnellate, per arrivare dopo 10 anni a 8.422 tonnellate di alimenti raccolti. Il giorno è, ogni anno, l'ultimo sabato di novembre, essendo questa la scadenza abituale concordata con la Fédération Européenne des Banques Alimentaires.

giovedì 22 novembre 2007

L'ANNO LITURGICO

Per parlare di anno liturgico è importante precisare i due termini: Anno e Liturgico.
L'anno è lo svolgersi del tempo. I vari giorni, momenti, mesi costituiscono l'anno.
Liturgico deriva da "Liturgia" servizio cultuale da rendere a Dio. La Liturgia è il culto della chiesa (del popolo di Dio); culto significa un insieme di gesti che esprimono sentimenti ed atteggiamenti profondi.
Ma per comprenderci meglio diciamo che l'anno liturgico è la celbrazione nel tempo (celebrazione = fare con gesti ciò che noi pensiamo o viviamo) di tutto il mistero della salvezza portata da Cristo, è il celebrare la vita di Cristo, con al centro , momento fondante ed importantissimo <>. Allora l'anno liturgico è un insieme di feste, cioè giorni caratterizzati da una celebrazione liturgica di determinati avvenimenti della vita di Cristo.
L'anno liturgico non è scandito a mesi ma a periodi distinti tra loro da uno speciale rapporto con diversi momenti del mistero di Cristo e della Chiesa.
Si hanno pertanto 5 periodi in ordine progressivo: Avvento e Natale. Quaresima e Pasqua. Tempo ordinario.
Importante è sottolineare che questi periodi sono veramente un aiuto datoci per poter comprendere e vivere sempre meglio l'incontro con il Signore.
La nostra vita di adulti e di giovani non ci può far accettare una fede superficiale ed abitudinaria. Bisogna che riusciamo a "Personalizzare", (come si fa con un amico) il rapporto con Dio e in particolare co Gesù Cristo. L'anno liturgico, le varie feste, i vari "ricordi" della vita di Gesù ha giusto significato.


Avvento
L'avvento è un tempo di preparazione ed ha in se due caratteristiche:
1° Ricorda la prima venuta del Figlio di Dio nell'umiltà della grotta di Betlemme.
2° Preannuncia la sua seconda venuta nella gloria.


Natale
Il natale è il tempo in cui meditiamo e guardiamo con gioia Dio che si è fatto uomo, bambino in Gesù.
Ammiriamo anche le sua prime manifestazioni (nell'Epifania si manifesta a tutto il mondo per mezzo e nel simbolo dei 3 Magi; la presentazione al Tempio etc...
Proprio in questo momento comprendiamo che Lui è venuto per salvarci.
A questo punto incontriamo anche Maria come Madre di Dio.
E' importante per noi la figura di Maria perchè ci è di esempio.


Quaresima
La Quaresima è un periodo che è aperto e in funzione della Pasqua, specialmente della veglia di Pasqua che si fa la notte del Sabato Santo.
E' un periodo di preparazione, di impegno, di conversione cioè di cambiamento di qualcosa della nostra vita.
Gesù va incontro alla morte, ne è consapevole di ciò, ma lo fa per noi, perchè noi riusciamo a salvarci e ad essere felici.
Parò vuole che noi facciamo qualcosa, proprio perchè ci vuole suoi collaboratori. Allora è in questo periodo che una volta i catecumeni (coloro che ricevevano il Battesimo la notte di Pasqua) si preparavano con la penitenza, con i digiuni, e assieme a loro tutti coloro che erano peccatori. E' il tempo in cui l'impegno nostro di migliorare deve farsi più forte perchè possiamo diventare con Gesù uomini nuovi, felici, che non hanno più paura di niente.


Pasqua
La Pasqua è il vertice dell'anno liturgico: è il punto centrale della salvezza dell'umanità. Si celebra la Resurrezione di Gesù e la sua glorificazione (Ascenzione). E' il momento nel quale celebriamo la distruzione del peccato della paura e della morte e della vittoria vera della vita. E' pasquale anche la Pentecoste: Gesù continua la sua presenza nel mondo e nella storia grazie allo Spirito Santo che è dato in dono a coloro che credono in Lui.
Con il dono dello Spirito Santo prende sviluppo la Chiesa che si offre al mondo e diventa annunziatrice di Gesù a tutti gli uomini.


Tempo Ordinario
E' un lungo periodo diviso in due tappe:
la prima si trova tra Natale e Quaresima;
la seconda, più ampia, da Pentecoste all'Avvento.
Si celebra globalmente il mistero di Cristo, ripreso ed approfondito nei suoi aspetti.
Si comprende meglio e si riflette sul suo messaggio e sul messaggio che Lui da ai suoi amici.
Sono 33-34 settimane e aiutano i credenti a vivere il messaggio di Gesù nella vita di ogni giorno.

lunedì 19 novembre 2007

PREGHIERA DEL CHIERICHETTO

Signore Gesù,
l'amore che vogliamo a Te
non sia fatto di belle parole
ma di fatti concreti,
di scelte coraggiose
vissute giorno per giorno
in attenzione ai tuoi esempi,
alla tua Parola.
Rendici ragazzi generosi
che sanno donarsi con gioia.
Rendici ragazzi semplici e poveri
che sanno aver bisogno degli altri.
Rendici ragazzi aperti
che sanno ascoltare gli altri
e capire le loro esigenze.
Signore, donaci la capacità
di non rifiutare mai
il servizio che ci viene richiesto.
Donaci la gioia di vedere contenti
quelli che ci stanno vicino.
Donaci un cuore grande come il tuo
che sa dimenticare
le offese ricevute.
Aiutaci a vivere
come Tu ci hai insegnato.
Amen.

venerdì 16 novembre 2007

Cosa vuol dire servire ?

Il servire nella Chiesa non è collegato ad uno stipendio, ad un benessere che si può raggiungere: servire nella Chiesa significa seguire l'esempio di Gesù. Servire significa in un certo senso dare la vita come Gesù che “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Marco 10,45). Oggi, forse, nessuno ci chiede di dare la vita fisicamente... ma non è forse dare la vita anche sacrificare un pò del proprio tempo o imparare ad amare l'amico che non ci sta simpatico...?

La Chiesa, cioè noi tutti battezzati, è chiamata ad “avere in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Filippesi 2,5). In Gesù abbiamo la figura del servo fedele, capace di fare della sua vita un dono d'amore a Dio e ai fratelli. “Vi ho dato l'esempio perché come ho fatto io facciate anche voi” (Giovanni 13,15): siamo chiamati a fare anche noi della nostra vita un capolavoro d'amore, perché nell'amore (quello vero) sta il senso di tutto. E l'amore è anche servizio concreto, pensato, fatto con i muscoli e non solo di belle parole…

All'interno della Chiesa c'è anche una forma particolare di servizio, quello liturgico. Esso ha alcuni aspetti particolari che occorre chiarire affinchè questo servizio sia un segno per gli altri:

• Uno spirito di servizio: se scorriamo le pagine dei vangeli ci accorgiamo che tutto ciò che fa Gesù è intriso di amore, un esempio concreto di servizio lo vediamo quando lava i piedi ai discepoli (Gv 13,1-17). Questo spirito di servizio è disponibilità, generosità, capacità di amare gli altri che sono un riflesso dell'amore di Dio per me. Dio è amore (1Giovanni 4,16): siamo chiamati allora a vivere la vita sul ritmo di Dio, certi che c'è più gioia nel dare che nel ricevere (Atti 20,35)

• Se lo stile è quello dell'amore allora al primo posto non c'è la quantità ma qualità. Non conta ciò che si fa o non si fa, ma lo spirito con cui si fa. Non importa il ruolo che si compie ma la certezza che nulla è piccolo di ciò che è fatto per amore.

• Se c'è questo spirito di servizio allora non si scade nell'esibizionismo, ma c'è la certezza che anche la sola presenza è un segno per gli altri. Un segno che dice gioia, magari, o capacità di donare qualcosa, fosse anche solo un po' del proprio tempo…

• Se tutti poi viviamo con questo spirito di servizio d'amore allora faremo a gara nel rispettarci a vicenda e sapremo che ciascuno di noi è una nota di una grande melodia che Dio va scrivendo. Una nota stonata rovina la melodia e non fa vedere la bellezza della nota stessa. Sta a noi allora vivere a ritmo di dono...

• Infine vivere questo stile vuol dire che si almeno un po' fatto esperienza di chi è Dio: un Dio che ha cura di tutti. Ecco allora la capacità di imparare a entrare in amicizia con Dio attraverso una preghiera fatta non solo di formule ma soprattutto di capacità di ascolto del suo progetto d'amore su ciascuno di noi.

giovedì 15 novembre 2007

Le altre chiese

S. LEONE
La chiesetta è inglobata nel vecchio cimitero costruito nel 1880 attorno ad essa.

Le prime documentazioni scritte sulla costruzione risalgono al '200 e si tratta di due atti: il primo è del 1218 ed è la conferma del possesso dei beni del Monastero di S. Paolo, firmata da Papa Onoro III: tra i beni citati c'è anche: "EccJesiam Sanctì Leonis de Liprignano, cum suis pertinentis": (la chiesa di S. Leone da Leprignano con i suoi annessi). Il secondo documento è del 1259 ed è un atto giuridico in cui viene citato come testimone un "Presbiter Cinctius Sancti Leonis de Liprignano".
Iconostasi (VIII sec. d.C.)

Queste documentazioni, pur essendo le più antiche, non sono però sufficienti a darci la data della costruzione dell'edificio, che risale certamente a un periodo precedente.

La dedica a S. Leone si riferisce a S. Leone Magno, il papa che nel V sec. fermò l'invasione di Attila e dei suoi Unni, contro Roma.
L'edificio probabilmente sorse su un precedente impianto, forse un tempio, di epoca romana, come accade per le più antiche chiese medioevali.
L'aspetto attuale delta chiesa è dovuto ai recenti restauri che hanno ripristinato l'aspetto originale, demolendo la sacrestia, che era stata ricavata all'interno.
La chiesa ha sulla facciata una porta rettangolare, con una cornice di pietra bianca del luogo, lavorata con fregi a croce greca in rilievo.
Sulle pareti laterali si notano alcune finestre a arco rotondo con transenne sempre in pietra locale. Nella parete posteriore, si nota un'abside costruita con tufetti del XIII secolo con una cornice con numerosi pezzi di marmo evidentemente riusati.
La costruzione ha due navate divise da arcate di larghezza diversa. Tutti gli elementi sono originali ad eccezione della navata sinistra che franò per cedimento del terreno e fu ricostruita nel sec. V quando furono eseguiti anche gli affreschi.
Alcuni elementi, come le transenne traforate delle finestre, senza incassi per i vetri e il riuso, per la costruzione dell'abside, di materiale sicuramente tardo-romano e i motivi della cornice della porta, fanno attribuire la costruzione della chiesetta all'VIII-IX sec. d.C.
Con la costruzione del cimitero, il livello del terreno fu abbassato, per cui vennero portate alla luce le fondazioni della chiesa e si dovette costruire una scala per accedere all'edificio. Nel blocco di fondazione, che fu portato alla luce, furono ricavati degli ambienti usati come ossuario.

La chiesa, oltre ad avere la particolarità - cosa rara e singolare - di essere divisa in due navate, ha all'interno un recinto presbiterale (iconostasi) che taglia trasversalmente tutta la navata con l'abside.
Questo è uno dei pochissimi esempi di iconostasi dei primi secoli del Medioevo, rimasta intatta e nel luogo originale.
Essa è composta di due pilastrini quadrati, posti all'estremità, scolpiti su tre facce e altri due intermedi più bassi, di forma ottagonale. I quattro pilastrini sono uniti da un architrave che al centro s'incurva per formare un'arcatella. Le parti laterali sono nella metà inferiore chiuse da lastre marmoree (plutei) decorate. Nella parte superiore sono state aggiunte delle colonnine a doppio fuso rovescio, durante i restauri rinascimentali che un'iscrizione ci permette di datare al 1520. Questi restauri si resero necessari per un cedimento delle fondazioni.
Nelle lastre di chiusura si notano alcune discordanze e differenze di misure ma tutta l'opera è sicuramente omogenea e contemporanea, e queste variazioni non sono dovute a restauri come invece verrebbe fatto di pensare.
L'iconostasi presenta un particolare architettonico assai interessante: la fusione dell'elemento a cancellata, derivante dalla recinzione, usata fin dall'epoca romana e alta solo un metro (in legno o un semplice muretto a trafori), usata nelle case e negli edifici pubblici per isolare la zona dedicata agli dei, e la trabeazione, sostenuta da pilastri o colonne, con l'archetto a sesto rialzato; sono tipici elementi questi, del cerimoniale imperiale, assunti poi nell'apparato della liturgia trionfale della Chiesa del IV-V sec. d.C.
L'iconostasi è tutta lavorata a bassorilievo: il motivo fondamentale è la treccia, usata in varie figure geometriche. I plutei presentano tre diverse decorazioni: intrecci a tondi ed asta; quadrati contenenti grappoli, fioroni; intrecci e tondi con fioroni, croci, dischi, foglie e uccelli.
Anche lungo la trabeazione, l'archetto e i pilastri, si snoda la decorazione a tondi con fioroni e grappoli.
Il tema iconografico della trabeazione con archetto sottolineava l'alta dignità imperiale: lo si trova nel palazzo di Diocleziano a Spalato e a Costantinopoli. In ambiente basilicale lo si trova diffuso in Oriente già dal V-VI sec. d.C.
Il recinto di Capena, però, ha un rapporto più diretto con Roma: con alcuni frammenti di un setto presbiteriale appartenenti alla Basilica Vaticana, del cui arco però, se ne conosce l'esistenza tramite delle fonti storiche che lo ricordano.
Per quanto riguarda la decorazione, molto diffusa nell'VIII-IX sec. d.C., il confronto più significativo lo si ha con i frammenti marmorei del Monastero del Monte Soratte.
Forse questa coincidenza è dovuta ad un momento storico assai importante avvenuto nel territorio Collinense, che contribuì a fare affluire nella zona maestranze rinomate, arricchendole con opere d'arte; quando Papa Zaccaria, destinò Carlomanno, il figlio del potente Carlo Martello, al romitorio del Monte Soratte.

Nella chiesa si possono ancora ammirare numerosi affreschi. Quelli nella zona absidata sono i più antichi: alcuni, come i frammenti nella parete attigua all'ingresso e una figura dell'abside risalgono addirittura al 1000. Gli altri furono eseguiti forse nella stessa epoca, ma ciò che oggi vediamo è il risultato di restauri eseguiti nel primo Rinascimento.



Particolare dell'Annunciazione I dipinti della volta dell'abside sono sormontati da una cornice con motivi a trecce e al centro dall'Agnus Dei.
I personaggi rappresentati sono: al centro il Redentore Benedicente, con un'iconografia molto arcaica. Alla sua destra ci sono S. Paolo e S. Scolastica, alla sua sinistra, S. Pietro e S. Leone Magno.
Ai lati della volta ci sono due scene sacre: a sinistra un'Annunciazione, a destra due Santi di cui non è certa l'identificazione.
Sotto la volta, ai fianchi della finestrella dell'abside, in quattro riquadri metopali, divisi tra loro dalla stessa cornice a intreccio, si notano da sinistra S. Giovanni Battista; una Santa recante un'ampolla e un rotolo di bende: forse è la Maddalena; a destra, subito dopo la finestra, ci sono S. Luca e l'Arcangelo S. Michele.

Ai lati delle quattro metope, in altri riquadri, si ammirano a sinistra S. Liberato - come avverte l'epigrafe sottostante - e, in una posizione più in basso rispetto al primo, il dipinto datato al X sec., di una donna, forse un'imperatrice bizantina, considerata Santa.
A destra, ci sono un G. Giuliano molto rovinato e una Madonna che allatta il Bambino.
All'entrata, sempre nella stanza absidata, si notano alcuni frammenti di dipinti del X sec. d.C.: il primo raffigurante una Madonna con Bambino, e l'altro un motivo geometrico.
Nell'altra navata, c'è un affresco che occupa tutta una parete ed ha al centro la Vergine con il Bambino: alla sua estrema destra, ormai quasi cancellato, c'è un personaggio che recava un giglio: torse San Giuseppe, poi si nota benissimo S. Paolo.
A sinistra S. Leone e un altro personaggio in veste ecclesiastica non identificabile.
Tutto il complesso degli affreschi fu commissionato da una certa Suffia, come attesta un'iscrizione posta nella volta dell'abside ai piedi del Redentore, con caratteri del XIV sec.: "Queste peture a facte fare Suffia".



S. ANTONIO
È dedicata a S. Antonio Abate, uno dei santi più popolari dell'antichità, fondatore dell'Ascetismo.

Si trova al centro del paese, posta in alto su una piattaforma, alla quale si accede tramite due scalinate laterali perfettamente simmetriche, al centro delle quali - in una nicchia - è conservata la testa marmorea di un leone risalente al periodo romano.
Ai piedi delle scalinate, ci sono quattro colonne marmoree: sulla colonna più in basso, a destra, è ancora conservata un'antica catena: la tradizione vuole che questa catena delimitasse la zona franca: chiunque la oltrepassava e si rifugiava all'interno del complesso godeva dell'immunità giuridica.
Dagli anni '50, la chiesa non è più adibita al culto.
La costruzione risale agli inizi del XVIII sec. La facciata ha un timpano con lesene laterali di stucco che terminano con capitelli corinzi.
Anche il portale è a timpano con stucchi. Sopra il portale c'è un'apertura rotonda e sulla sommità del timpano ci sono tre monti raggruppati e sormontati da una croce di ferro. È lo stemma della Congregazione Cassinese.
Leone millenario

Sulla parete destra che si affaccia sul paese, c'è una meridiana, come era consuetudine in gran parte delle chiese dell'epoca. Sopra la meridiana c'è una piccola poesia con la data del 1834: "Ritorna il sole fra l'ombra smarrita, ma non ritorna più l'età fiodta". A.D. MDCCCXXXIV.
L'interno, ad aula, è semplice e spoglio e ormai privo di ornamenti. Restano solo l'affresco nell'abside che rappresenta il Creatore con i quattro Evangelisti.



S. MARIA DELLE GRAZIE
La chiesa, decentrata rispetto al paese, è dedicata all'Assunta, ma, grazie anche ai numerosi miracoli attribuitigli, di cui alle pareti sono conservati i numerosi ex-voto, è comunemente chiamata Madonna delle Grazie.
Fu costruita agli inizi del XVIII sec., come informa la lapide posta all'interno, sull'ingresso, ma forse su un impianto più antico.
La facciata è molto semplice e lineare e ha un timpano con due finestrelle laterali, quasi a piano terra.
Successivamente fu aggiunto il piccolo pronao davanti.
Al centro del timpano, è inserita nella muratura una mattonella in ceramica raffigurante una Madonna con Bambino, dell'800, di produzione locale.
L'interno, ad aula, ha ai due lati altari con decorazioni a stucchi policromi e marmo: sul lato destro, su l'unico altare costruito in una nicchia a forma di croce, era custodito un prezioso crocefisso ligneo, che è stato recentemente trafugato.
Tutta la chiesa è affrescata e i dipinti furono eseguiti ai primi del '900 da Costantini e Carosi.
Sull'altare c'è un'edicola con stucchi di angeli e raggi dipinti.


Interno con i due baldacchini All'interno si possono ammirare due splendidi baldacchini, costruiti nel '700 in legno rivestito d'oro zecchino. Uno è di stile barocco e vi si ammirava l'immagine di una Madonna dipinta su tavola, di probabile Scuola Senese, purtroppo anch'essa trafugata pochi anni fa, e sostituita ora da un altro dipinto su tavola, molto fedele all'iconografia della Madonna originale. L'altro baldacchino, in cui è contenuta la copia del S. Salvatore, imita in piccolo quello in pietra di Arnolfo di Cambio che si trova nella basilica di San Paolo fuori le mura a Roma di puro stile gotico, realizzato da Camponesi.



S. MARCO EVANGELISTA

La piccola cappella si trova fuori dal paese ed è meta di una suggestiva processione il 25 Aprile.
Fu costruita nel 1882, come ricorda la lapide posta all'interno. È in puro stile neoclassicista con la facciata spoglia ed un piccolo timpano sormontato da una croce.
È sormontata da una singolare cupoletta ellissoide, assomiglia infatti ad un guscio d'uovo, che è forse il risultato di un'influenza dello stile floreale.
L'interno è privo di decorazioni e non ha elementi di rilievo.

sabato 10 novembre 2007

Parrocchia

San Michele Arcangelo è la chiesa parrocchiale della città di Capena.
La sua costruzione risale al 1908 su progetto dell'ingegnere Montechiari. Fu edificata su un terreno donato dai fratelli Giannotti di Capena ed è stata consacrata l'8 Settembre 1908 dall'abate dell'abazia di San Paolo fuori le Mura. La prima ristrutturazione importante all'edificio risale al 1997, quando a causa di cedimenti del tetto, si resero indispensabili importanti lavori, che però recarono sostanziali modifiche.
L'edificio è costruito secondo la tipica pianta basilicale, a tre navate separate da colonne. La copertura è in capriate lignee. La chiesa è costruita in blocchi di tufo ad eccezione del portale, del rosone, delle cornici delle finestre che sono in travertino.
Al centro dell'abside vi era un tipico altare preconciliare irrimediabilmente perso dopo i lavori del 1997 e sostituito da uno di forme moderne e approssimative che altera profondamente il progetto originario che era giunto inalterato fino ai nostri giorni.
Nel 2006 è stato donato in memoria di Giuseppe Foscarini, un organo a canne collocato dall'organaro Angelo Carbonetti di Foligno, sopra la bussola lignea all'ingresso dell'edificio. Fu inaugurato il 14 Agosto.
Nella cappella di sinistra era conservato l'altare dedicato al patrono San Luca. Attualmente vi è custodito il trittico protetto dalla cancellata in bronzo che originariamente apparteneva al fonte battesimale. Nella cappella di destra, è conservata una statua lignea della Madonna del Rosario.
Originariamente, la chiesa non era affrescata e i dipinti sono stati eseguiti negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale, dai pittori Giovanni Costantini e Giovanni Carosi. Sono stati commissionati dai fratelli Porfirio e Vincenzo Barbetti di Capena. Gli affreschi rappresentano l'incoronazione di Maria sul catino (dell'abside) circondata da schiere di angeli e sovrastata dallo Spirito Santo in forma di colomba. I santi rappresentati nell'Abside sono San Michele Arcangelo al centro, San Pietro, San Paolo, San Luca Evangelista, san Marco Evangelista. San Porfirio Vescovo e San Vincenzo Ferreri. Sullo sfondo è rappresentaa la Rocca medievale di Capena e la casa dei committenti e in lontananza le campagne e il Soratte. Vi sono 12 Medaglioni rappresentanti i 12 Apostoli sopra le colonne lungo la navata centrale.
Sicuramente l'opera più importante custodita all'interno della chiesa è il pregevole Trittico del Salvatore di Antonio da Viterbo risalente al 1452.
Recentemente sono stati collocati all'interno 2 pale di grandi dimensioni raffiguranti Santa Rita da Cascia e san Giuseppe Operaio dono dei Festaroli dell'Assunta.
Sulla parete destra, accanto alla cappella della Madonna del Rosario, si può ammirare la grande tela di San Giovanni Decollato proveniente dalla chiesa della Madonna delle Grazie.
La fonte battesimale collocata alla destra dell'altare maggiore, è in pietra greca, scolpita nel 1400 e appartiene all'arredo della precedente chiesa parrocchiale di Capena.
L'acquasantiera, collocata alla destra dell'entrata è un antico mortaio da farmacia in bronzo di epoca Romana. Fu donato in occasione dell'amministrazione del primo battesimo nella nuova parrocchiale di Luca Sinibaldi nel 1908.
La facciata della chiesa è tripartita come l'interno. La scalinata d'accesso all'edificio, originariamente costituita da blocchi di pietra modanati, provenienti dal sito dell'antica Capena è stata sostituita da una moderna.
Alla sinistra della chiesa, inseme alla casa canonica si erge il campanile alto circa 28 metri con orologio alla cui sommità sono collocate tre campane. La media e la piccola sono del 1700, mentre la grande è stata rifusa in occasione della consacrazione della chiesa. La campana piccola apparteneva alla chiesa di sant'Antonio abate. È dedicata al SS. Crocifisso ed è stata collocata sul campanile della parrocchia nell'anno 2000. La campana media è stata fusa dal campanaro Martino D'Ettorre di Spoltore. È stata commissionata dalla famiglia Sinibaldi di Capena. È dedicata all'Assunta. Durante la fusione della campana grande, per migliorare la qualità del bronzo, venne aggiunto dell'oro donato dai cittadini di Capena . L'orologio del campanile è stato donato nel 2002 dai Festaroli del quartiere San Leo.
L'area del cortile adiacente alla parete sinistra dell'edificio, è stata occupata da un nuovo edificio: Il 2 giugno 2006 è stata inaugurata dal vescovo diocesano Mons. Divo Zadi, la nuova sala dell'oratorio Eligio Sandri intitolata a San Giuseppe.

martedì 6 novembre 2007

Vescovo

S. E. Mons. Divo Zadi

Nato il 25 gennaio 1931 a
Montefollonico di Torrita di Siena (SI)
diocesi di Montepulciano - Chiusi - Pienza.

Ordinato sacerdote nel Duomo di Pienza
il 2 agosto 1953.

Eletto Vescovo di Civita Castellana
il 10 marzo 1989.

Ordinato Vescovo l'8 aprile 1989.

Ingresso in Diocesi il 13 maggio 1989.

Residenza: Palazzo Vescovile
Piazza Duomo, 4
01033 CIVITA CASTELLANA

lunedì 5 novembre 2007

Foto ministranti



sabato 3 novembre 2007

Discorso di Benedetto XVI rivolto ai ministranti di tutto il mondo durante il Pellegrinaggio Internazionale del 2006

Cari ministranti,
Sono felice che la mia prima Udienza dopo la vacanza nelle Alpi sia con voi ministranti e saluto con affetto ciascuno di voi. Ringrazio il vescovo ausiliare di Basel Mons. Martin Gächter per le parole con cui, in qualità di Presidente del Coetus Internationalis Ministrantium, ha introdotto l'Udienza, e ringrazio per il foulard, grazie al quale sono tornato ad essere ministrante. Più di 70 anni fa, nel 1935, ho incominciato come ministrante, quindi un lungo tragitto su questo cammino. Saluto cordialmente il Cardinale Christoph Schönborn, che ieri ha celebrato per voi la Santa Messa , e i numerosi Vescovi e Sacerdoti provenienti dalla Germania, dall'Austria, dalla Svizzera e dall'Ungheria. A voi, cari ministranti, desidero offrire, brevemente, visto che fa caldo, un messaggio che possa accompagnarvi nella vostra vita e nel vostro servizio nella Chiesa. Desidero per questo riprendere l'argomento che sto trattando nelle catechesi di questi mesi. Forse alcuni di voi sanno che nelle Udienze generali del mercoledì sto presentando le figure degli Apostoli: per primo Simone, al quale il Signore ha dato il nome di Pietro, suo fratello Andrea, poi altri due fratelli, san Giacomo detto «il maggiore», primo martire tra gli Apostoli, e Giovanni il teologo, l'evangelista, e poi Giacomo detto «il minore». Conto di continuare a presentare i singoli Apostoli nelle prossime Udienze, nei quali, per così dire, la Chiesa diventa personale. Oggi però ci soffermiamo su un tema comune: che genere di persone erano gli Apostoli. In breve potremmo dire che erano "amici" di Gesù. Lui stesso li ha chiamati così nell'ultima Cena, dicendo loro: «Non vi chiamo più servi, ma amici» (Gv 15, 15). Sono stati, e sono potuti essere, apostoli e testimoni di Cristo perché erano suoi amici, perché lo conoscevano a partire dall'amicizia, perché gli erano vicini. Erano uniti da un legame di amore vivificato dallo Spirito Santo. Possiamo intendere in questa prospettiva il tema del vostro pellegrinaggio: «Spiritus vivificat». È lo Spirito, lo Spirito Santo che vivifica. È lui che vivifica il vostro rapporto con Gesù, di modo che non sia solo esteriore: "sappiamo che è esistito e che è presente nel Sacramento", ma lo fa diventare un rapporto intimo, profondo, di amicizia davvero personale, capace di dare senso alla vita di ognuno di voi. E poiché lo conoscete e poiché lo conoscete nell'amicizia, potrete dargli testimonianza e portarlo alle altre persone. Oggi, vedendovi qui davanti a me in Piazza San Pietro, penso agli Apostoli e sento la voce di Gesù che vi dice: «Non vi chiamo servi, ma amici: rimanete nel mio amore, e porterete molto frutto» (Gv 15, 9.16). Vi invito: ascoltate questa voce! Cristo non l'ha detto solo 2000 anni fa; egli è vivo e lo dice a voi adesso. Ascoltate questa voce con grande disponibilità; ha qualcosa da dire ad ognuno Forse a qualcuno di voi dice: "voglio che mi serva in modo speciale come sacerdote diventando così mo testimone, essendo mio amico e introducendo altri in questa amicizia". Ascoltate comunque con fiducia la voce di Gesù. La vocazione di ciascuno è diversa, ma Cristo desidera fare amicizia con tutti, così come ha fatto con Simone, che chiamò Pietro, con Andrea, Giacomo, Giovanni e con gli altri Apostoli. Vi ha donato la sua parola e continua a donarvela , perché conosciate la verità, perché sappiate come stanno veramente le cose per l'uomo, e che quindi sappiate come si deve vivere in modo giusto, come si deve affrontare la vita affinché diventi vera. Potrete così essere, ognuno a modo suo, suoi discepoli e apostoli.
Cari ministranti, voi in realtà siete già apostoli di Gesù! Quando partecipate alla Liturgia svolgendo il vostro servizio all'altare, voi offrite a tutti una testimonianza. Il vostro atteggiamento raccolto, la vostra devozione che parte dal cuore e si esprime nei gesti, nel canto, nelle risposte: se lo fate nella maniera giusta e non distrattamente, in modo qualunque, allora la vostra è una testimonianza che tocca gli uomini . Il vincolo di amicizia con Gesù ha la sua fonte e il suo culmine nell'Eucaristia. Voi siete molto vicini a Gesù Eucaristia, e questo è il più grande segno della sua amicizia per ciascuno di noi. Non dimenticatelo; e per questo vi chiedo: non abituatevi a questo dono, affinché non diventi una sorta di abitudine, sapendo come funziona e facendolo automaticamente, ma scoprite ogni giorno di nuovo che avviene qualcosa di grande, che il Dio vivente è in mezzo a noi, e che potete essergli vicini e aiutare affinché il suo mistero venga celebrato e raggiunga le persone . Se non cederete all'abitudine e svolgerete il vostro servizio a partire dal vostro intimo, allora sarete veramente suoi apostoli e porterete frutti di bontà e di servizio in ogni ambito della vostra vita: in famiglia, nella scuola, nel tempo libero. Quell'amore che ricevete nella Liturgia portatelo a tutte le persone, specialmente dove vi accorgete che manca loro amore, che non ricevono bontà, che soffrono e sono sole. Con la forza dello Spirito Santo, cercate di portare Gesù proprio a quelle persone che vengono emarginale, che non sono molto amate, che hanno problemi. Proprio lì con la forza dello Spirito Santo dovete portare Gesù. Così quel Pane, che vedete spezzare sull'altare, verrà ancora condiviso e moltiplicato, e voi, come i dodici Apostoli, aiuterete Gesù a distribuirlo in mezzo alla gente di oggi, nelle diverse situazioni della vita. Così, cari ministranti, le mie ultime parole a voi sono: siate sempre amici e apostoli di Gesù Cristo!

Piccolo dizionario del ministrante

COSA SIGNIFICA …
AMBONE. Luogo elevato, da cui si svolge la proclamazione dei testi biblici, del salmo responsoriale e dell’Exsultet pasquale; è anche il luogo dell’omelia e delle intenzioni per la preghiera dei fedeli. Non è invece destinato alla lettura d’avvisi e alla proposta dei canti. L’ambone presenta per lo più una configurazione artistica ed è dotato di un leggio.
BATTISTERO. Cappella per il Battesimo, per lo più rotonda od ottagonale; di regola complesso architettonico delle antiche chiese episcopali. Nelle chiese parrocchiali si trova normalmente solo un FONTE BATTESIMALE.
EVANGELIARIO. Libro liturgico con il testo dei Vangeli.
LEGGIO. Arredo su cui si appoggiano i libri sacri. Ritrova normalmente all’ambone con il Legionario, secondo una vecchia abitudine, al momento della presentazione delle offerte, è posto talvolta sull’altare un leggio portatile per il Messale.
LEZIONARIO. Libro liturgico contenente le letture della Sacra Scrittura, destinate alla Messa o ad altre celebrazioni.
MESSALE. Libro per la celebrazione della Messa; contiene le orazioni del sacerdote, quelle fisse e quelle variabili.
PRESBITERIO. Nelle basiliche, la zona dell’altare per motivi pratici è stata delimitata ben presto da cancelli, dai quali in seguito si è sviluppata la BALAUSTRA per la distribuzione della Comunione. Oggi il presbiterio è posto in evidenza rispetto al resto del vano mediante un leggero rialzo. Il termine indica anche l’insieme dei sacerdoti di una diocesi, che guidano la Chiesa facendo capo al vescovo.
PULPITO. Luogo della predicazione, sistemato per lo più contro una colonna o sul lato più lungo della navata centrale della chiesa.
RITUALE. Libro liturgico per la celebrazione dei Sacramenti.
TABERNACOLO. Luogo per la custodia dell’Eucaristia.
CHI E’ …
ACCOLITO. Esercita un ministero liturgico: aiuta il sacerdote e il diacono, prepara l’altare e i vasi sacri, e, come ministro straordinario, distribuisce la Comunione ai fedeli.
CERIMONIERE. Colui che è incaricato di preparare le celebrazioni più complesse. Coordina i diversi servizi e fa in modo che tutto si svolga ordinatamente e con tranquillità.
CEROFERARIO. Ministrante che porta la torcia.
CROCIFERO. Ministrante che apre la processione portando la Santissima Croce. L’immagine di Cristo è rivolta in direzione della processione. Solo quando è presente un arcivescovo, la croce viene portata in modo che questi possa vedere l’immagine di Cristo.
LETTORE. Il fedele incaricato della lettura dei testi biblici, con esclusione del Vangelo, nella Messa e in altre celebrazioni.
TURIFERARIO. Inserviente che porta il turibolo.

COSA SIGNIFICA …
AMITTO. Panno bianco da applicare intorno al collo, quando il camice non copre completamente l’abito comune.
ASPERSORIO. Ciuffo di crini, o piccola spugna chiusa in una sfera metallica cava e perforata, usato per l’aspersione con acqua benedetta.
CAMICE. Veste per la liturgia di stoffa bianca. In origine, abito di base per tutti gli inservienti in qualsiasi tipo di celebrazione; oggi viene spesso sostituito dalla cotta.
CINGOLO. Cintura da cingersi alla vita sopra il camice.
CORPORALE. Piccolo panno di lino su cui vengono posti il calice e la patena durante la celebrazione della Messa, o il Santissimo Sacramento per la custodia e l’esposizione.
COTTA. Sopravveste bianca, spesso ornata di pizzo, lunga fino al ginocchio, con maniche corte e larghe, da indossare sopra la Talare.
DALMATICA. Veste propria del diacono, da indossarsi opra il camice e la stola.
MITRA. Copricapo liturgico specifico, proprio del vescovo, che lo porta durante le processioni, quando sta alla cattedra episcopale, quando dà una benedizione solenne e durante altre azioni importanti.
NAVICELLA. Recipiente così chiamato per la sua forma e destinato a contenere i grano d’incenso.
OSTENSORIO. Arredo che consente di esporre il Santissimo Sacramento per l’adorazione.
PALLA. Piccolo telo di lino, di forma quadrata, per lo più inamidato, che serve a coprire il calice e la patena.
PATENA. Recipiente per le ostie; dall’originaria forma a scodella si è ridotta ad un piattino.
PIANETA. Paramento che il sacerdote celebrante indossa sopra il camice e la stola: è confezionato nei vari colori liturgici.
PISSIDE o CIBORIO. Contenitore per la custodia o il trasporto della Santa Comunione sotto la specie del pane.
PIVIALE. Veste liturgica usata originariamente per le processioni e in seguito anche per la Liturgia delle Ore nelle feste solenni.
PURIFICATOIO. Piccolo panno di lino, dalla forma e dalla misura di un fazzoletto, che serve ad asciugare il calice, a pulire la patena e il bordo del calice.
STOLA. Importante insegna, che fa parte delle vesti liturgiche, è a forma di sciarpa.
TURIBOLO. Recipiente a cui sono issate delle catenelle e chiuso da un coperchio con fori. Contiene un secondo recipiente con carboni accesi, sui quali bruciano grani d’incenso.

venerdì 2 novembre 2007

Avviso

Si informa chiunque voglia fare il chierichetto a Capena che la domenica mattina alle 9.00 può venire in sacrestia !
Alle 9.00 si terrà anche un corso per migliorare il servizio liturgico, vi aspettiamo !
Santo - Onomastico del giorno offerto da PaginaInizio