Tempo Ordinario

martedì 29 gennaio 2008

Mercoledì delle Ceneri

Il Mercoledì delle Ceneri, nella Chiese cattoliche di rito romano e in alcune Chiese riformate, è il primo giorno della Quaresima, ovvero il primo giorno del periodo penitenziale in vista della Pasqua cristiana che ha inizio dopo il cosiddetto Martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale.

È così chiamato perché durante la funzione religiosa del giorno si pone sul capo dei fedeli della cenere per ricordare la caducità della vita terrena e spronare i fedeli all'impegno penitenziale della Quaresima. Si possono usare due formule diverse[1] per questo rito:

Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai.
Convertiti e credi al Vangelo.

In questo giorno, tutti i cattolici dei vari riti latini (eccetto il rito ambrosiano) sono tenuti a far penitenza e ad osservare il digiuno ecclesiastico.

Il Mercoledì delle Ceneri ricorre quaranta giorni prima della Pasqua, se si escludono da questo periodo le domeniche (che non sono mai state giorni di digiuno); ricorre quarantaquattro giorni prima del Venerdì Santo considerando anche le domeniche. Cade in una data diversa ogni anno, secondo la data della Pasqua; data compresa tra i primi giorni di febbraio e la fine della seconda settimana di marzo.

Il Mercoledì delle Ceneri ricorrerà nei prossimi anni nelle seguenti date:

2007 - 21 febbraio
2008 - 6 febbraio
2009 - 25 febbraio
2010 - 17 febbraio
2011 - 9 marzo
2012 - 22 febbraio
2013 - 13 febbraio
2014 - 5 marzo
2015 - 18 febbraio
2016 - 10 febbraio
2017 - 1 marzo
2018 - 14 febbraio
2019 - 6 marzo
Nel rito ambrosiano, in cui la Quaresima inizia con la domenica successiva, l'imposizione delle Ceneri avviene il lunedì successivo di preferenza, anche se generalmente viene effettuata anche nella prima domenica di Quaresima; il giorno di digiuno e astinenza è posticipato al primo venerdì di Quaresima.

giovedì 24 gennaio 2008

Candelora

Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica celebra la Presentazione del Signore, popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per illuminare le genti", come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.

Anticamente questa festa veniva celebrata il 14 febbraio (40 giorni dopo l'Epifania), e la prima testimonianza al riguardo ci è data da Egeria nel suo Itinerarium (cap. 26). La denominazione di "Candelora" data popolarmente alla festa deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: "Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima" (Itinerarium 24, 4), con le antiche fiaccolate rituali che si facevano nei Lupercali (antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio). Ma la somiglianza più significativa tra le due festività si ha nell'idea della purificazione: nell'una relativa all'usanza ebraica:

«Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione» (Levitico 12,2-4)

nell'altra riguardo alla februatio (cfr. Ovidio, I Fasti 2, 19-24, 31-32ss [Gli antenati romani dissero Februe le espiazioni: e ancora molti indizi confermano tal senso della parola. I pontefici chiedono al re e al flamine le lane che nella lingua degli antichi erano dette februe. Gli ingredienti purificatori, il farro tostato e i granelli di sale, che il littore prende nelle case prestabilite, si dicono anch'essi februe. (...) Da ciò il nome del mese, perché i Luperci con strisce di cuoio percorrono tutta la città, e ciò considerano rito di purificazione...]). Durante il suo episcopato (tra il 492 e il 496 d.C.), il patriarca di Roma Gelasio ottenne dal Senato l'abolizione dei Lupercali ai quali fu sostituita nella devozione popolare la festa appunto della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi.

giovedì 17 gennaio 2008

Sant' Antonio Abate


Festa molto diffusa in Italia e si celebra il 17 Gennaio ad opera soprattutto dell'Università Agraria, che ha preso il posto dell'antica Confederazione dei Bovattieri, antichi affittuari delle terre del Monastero. E' una festa molto suggestiva, celebrata soprattutto in onore degli animali.



La mattina molto presto, si accende davanti al sagrato della Chiesa di S. Antonio, un enorme "ciocco" di ulivo, sul quale durante tutta la giornata ogni cittadino di Capena va ad accendere le sigarette. L'uso del tabacco è recente, infatti fino a pochi anni fa, c'era la tradizione di fumare, in rudimentali pipe di coccio e di canna, aghi di rosmarino messi a seccare e poi tritati, di cui una settimana prima si faceva razzia nei campi intorno al paese. Alcuni studiosi hanno voluto vedere in. questa usanza una trasposizione dell'antico rito pagano di gettare sul fuoco erbe odorose durante i sacrifici.
La parte singolare della festa è proprio vedere per Capena, tutti, anche i bambini di pochi anni, fumare tranquillamente per tutto il giorno.
La sera della vigilia i bambini, con altarini improvvisati, fatti con cassettine di legno, tappezzate di immagini sacre, con al centro un lumicino, vanno per le case, cantando un'allegra filastrocca e sperando di ricevere qualche obolo.

In mattinata si svolge una processione per le vie del paese, con il santo preceduto da cavalli e seguito da ogni sorta di animale domestico, alla fine della quale il parroco sale le scalinate di S. Antonio e benedice il ciocco e gli animali.
Il dolce tradizionale per questa festa è un pane impastato con dell'anice a forma di ciambella o panini.

mercoledì 9 gennaio 2008

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI DURANTE LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1 GENNAIO 2008

FAMIGLIA UMANA, COMUNITÀ DI PACE

1. All'inizio di un nuovo anno desidero far pervenire il mio fervido augurio di pace, insieme con un caloroso messaggio di speranza agli uomini e alle donne di tutto il mondo. Lo faccio proponendo alla riflessione comune il tema con cui ho aperto questo messaggio, e che mi sta particolarmente a cuore: Famiglia umana, comunità di pace. Di fatto, la prima forma di comunione tra persone è quella che l'amore suscita tra un uomo e una donna decisi ad unirsi stabilmente per costruire insieme una nuova famiglia. Ma anche i popoli della terra sono chiamati ad instaurare tra loro rapporti di solidarietà e di collaborazione, quali s'addicono a membri dell'unica famiglia umana: « Tutti i popoli — ha sentenziato il Concilio Vaticano II — formano una sola comunità, hanno un'unica origine, perché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr At 17,26), ed hanno anche un solo fine ultimo, Dio »(1).

Famiglia, società e pace

2. La famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d'amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna(2), costituisce « il luogo primario dell'“umanizzazione” della persona e della società »(3), la « culla della vita e dell'amore »(4). A ragione, pertanto, la famiglia è qualificata come la prima società naturale, « un'istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale »(5).

3. In effetti, in una sana vita familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l'amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell'autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l'aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l'altro e, se necessario, a perdonarlo. Per questo la famiglia è la prima e insostituibile educatrice alla pace. Non meraviglia quindi che la violenza, se perpetrata in famiglia, sia percepita come particolarmente intollerabile. Pertanto, quando si afferma che la famiglia è « la prima e vitale cellula della società »(6), si dice qualcosa di essenziale. La famiglia è fondamento della società anche per questo: perché permette di fare determinanti esperienze di pace. Ne consegue che la comunità umana non può fare a meno del servizio che la famiglia svolge. Dove mai l'essere umano in formazione potrebbe imparare a gustare il « sapore » genuino della pace meglio che nel « nido » originario che la natura gli prepara? Il lessico familiare è un lessico di pace; lì è necessario attingere sempre per non perdere l'uso del vocabolario della pace. Nell'inflazione dei linguaggi, la società non può perdere il riferimento a quella « grammatica » che ogni bimbo apprende dai gesti e dagli sguardi della mamma e del papà, prima ancora che dalle loro parole.

4. La famiglia, poiché ha il dovere di educare i suoi membri, è titolare di specifici diritti. La stessa Dichiarazione universale dei diritti umani, che costituisce un'acquisizione di civiltà giuridica di valore veramente universale, afferma che « la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato »(7). Da parte sua, la Santa Sede ha voluto riconoscere una speciale dignità giuridica alla famiglia pubblicando la Carta dei diritti della famiglia. Nel Preambolo si legge: « I diritti della persona, anche se espressi come diritti dell'individuo, hanno una fondamentale dimensione sociale, che trova nella famiglia la sua nativa e vitale espressione »(8). I diritti enunciati nella Carta sono espressione ed esplicitazione della legge naturale, iscritta nel cuore dell'essere umano e a lui manifestata dalla ragione. La negazione o anche la restrizione dei diritti della famiglia, oscurando la verità sull'uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace.

5. Pertanto, chi anche inconsapevolmente osteggia l'istituto familiare rende fragile la pace nell'intera comunità, nazionale e internazionale, perché indebolisce quella che, di fatto, è la principale « agenzia » di pace. È questo un punto meritevole di speciale riflessione: tutto ciò che contribuisce a indebolire la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, ciò che direttamente o indirettamente ne frena la disponibilità all'accoglienza responsabile di una nuova vita, ciò che ne ostacola il diritto ad essere la prima responsabile dell'educazione dei figli, costituisce un oggettivo impedimento sulla via della pace. La famiglia ha bisogno della casa, del lavoro o del giusto riconoscimento dell'attività domestica dei genitori, della scuola per i figli, dell'assistenza sanitaria di base per tutti. Quando la società e la politica non si impegnano ad aiutare la famiglia in questi campi, si privano di un'essenziale risorsa a servizio della pace. In particolare, i mezzi della comunicazione sociale, per le potenzialità educative di cui dispongono, hanno una speciale responsabilità nel promuovere il rispetto per la famiglia, nell'illustrarne le attese e i diritti, nel metterne in evidenza la bellezza.

L'umanità è una grande famiglia

6. Anche la comunità sociale, per vivere in pace, è chiamata a ispirarsi ai valori su cui si regge la comunità familiare. Questo vale per le comunità locali come per quelle nazionali; vale anzi per la stessa comunità dei popoli, per la famiglia umana che vive in quella casa comune che è la terra. In questa prospettiva, però, non si può dimenticare che la famiglia nasce dal « sì » responsabile e definitivo di un uomo e di una donna e vive del « sì » consapevole dei figli che vengono via via a farne parte. La comunità familiare per prosperare ha bisogno del consenso generoso di tutti i suoi membri. È necessario che questa consapevolezza diventi convinzione condivisa anche di quanti sono chiamati a formare la comune famiglia umana. Occorre saper dire il proprio « sì » a questa vocazione che Dio ha inscritto nella stessa nostra natura. Non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle. È perciò essenziale che ciascuno si impegni a vivere la propria vita in atteggiamento di responsabilità davanti a Dio, riconoscendo in Lui la sorgente originaria della propria, come dell'altrui, esistenza. È risalendo a questo supremo Principio che può essere percepito il valore incondizionato di ogni essere umano, e possono essere poste così le premesse per l'edificazione di un'umanità pacificata. Senza questo Fondamento trascendente, la società è solo un'aggregazione di vicini, non una comunità di fratelli e sorelle, chiamati a formare una grande famiglia.

Famiglia, comunità umana e ambiente

7. La famiglia ha bisogno di una casa, di un ambiente a sua misura in cui intessere le proprie relazioni. Per la famiglia umana questa casa è la terra, l'ambiente che Dio Creatore ci ha dato perché lo abitassimo con creatività e responsabilità. Dobbiamo avere cura dell'ambiente: esso è stato affidato all'uomo, perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo sempre come criterio orientatore il bene di tutti. L'essere umano, ovviamente, ha un primato di valore su tutto il creato. Rispettare l'ambiente non vuol dire considerare la natura materiale o animale più importante dell'uomo. Vuol dire piuttosto non considerarla egoisticamente a completa disposizione dei propri interessi, perché anche le future generazioni hanno il diritto di trarre beneficio dalla creazione, esprimendo in essa la stessa libertà responsabile che rivendichiamo per noi. Né vanno dimenticati i poveri, esclusi in molti casi dalla destinazione universale dei beni del creato. Oggi l'umanità teme per il futuro equilibrio ecologico. È bene che le valutazioni a questo riguardo si facciano con prudenza, nel dialogo tra esperti e saggi, senza accelerazioni ideologiche verso conclusioni affrettate e soprattutto concertando insieme un modello di sviluppo sostenibile, che garantisca il benessere di tutti nel rispetto degli equilibri ecologici. Se la tutela dell'ambiente comporta dei costi, questi devono essere distribuiti con giustizia, tenendo conto delle diversità di sviluppo dei vari Paesi e della solidarietà con le future generazioni. Prudenza non significa non assumersi le proprie responsabilità e rimandare le decisioni; significa piuttosto assumere l'impegno di decidere assieme e dopo aver ponderato responsabilmente la strada da percorrere, con l'obiettivo di rafforzare quell'alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino.

8. Fondamentale, a questo riguardo, è « sentire » la terra come « nostra casa comune » e scegliere, per una sua gestione a servizio di tutti, la strada del dialogo piuttosto che delle decisioni unilaterali. Si possono aumentare, se necessario, i luoghi istituzionali a livello internazionale, per affrontare insieme il governo di questa nostra « casa »; ciò che più conta, tuttavia, è far maturare nelle coscienze la convinzione della necessità di collaborare responsabilmente. I problemi che si presentano all'orizzonte sono complessi e i tempi stringono. Per far fronte in modo efficace alla situazione, bisogna agire concordi. Un ambito nel quale sarebbe, in particolare, necessario intensificare il dialogo tra le Nazioni è quello della gestione delle risorse energetiche del pianeta. Una duplice urgenza, a questo riguardo, si pone ai Paesi tecnologicamente avanzati: occorre rivedere, da una parte, gli elevati standard di consumo dovuti all'attuale modello di sviluppo, e provvedere, dall'altra, ad adeguati investimenti per la differenziazione delle fonti di energia e per il miglioramento del suo utilizzo. I Paesi emergenti hanno fame di energia, ma talvolta questa fame viene saziata ai danni dei Paesi poveri i quali, per l'insufficienza delle loro infrastrutture, anche tecnologiche, sono costretti a svendere le risorse energetiche in loro possesso. A volte, la loro stessa libertà politica viene messa in discussione con forme di protettorato o comunque di condizionamento, che appaiono chiaramente umilianti.

Famiglia, comunità umana ed economia

9. Condizione essenziale per la pace nelle singole famiglie è che esse poggino sul solido fondamento di valori spirituali ed etici condivisi. Occorre però aggiungere che la famiglia fa un'autentica esperienza di pace quando a nessuno manca il necessario, e il patrimonio familiare — frutto del lavoro di alcuni, del risparmio di altri e della attiva collaborazione di tutti — è bene gestito nella solidarietà, senza eccessi e senza sprechi. Per la pace familiare è dunque necessaria, da una parte, l'apertura ad un patrimonio trascendente di valori, ma al tempo stesso non è priva di importanza, dall'altra, la saggia gestione sia dei beni materiali che delle relazioni tra le persone. Il venir meno di questa componente ha come conseguenza l'incrinarsi della fiducia reciproca a motivo delle incerte prospettive che minacciano il futuro del nucleo familiare.

10. Un discorso simile va fatto per quell'altra grande famiglia che è l'umanità nel suo insieme. Anche la famiglia umana, oggi ulteriormente unificata dal fenomeno della globalizzazione, ha bisogno, oltre che di un fondamento di valori condivisi, di un'economia che risponda veramente alle esigenze di un bene comune a dimensioni planetarie. Il riferimento alla famiglia naturale si rivela, anche da questo punto di vista, singolarmente suggestivo. Occorre promuovere corrette e sincere relazioni tra i singoli esseri umani e tra i popoli, che permettano a tutti di collaborare su un piano di parità e di giustizia. Al tempo stesso, ci si deve adoperare per una saggia utilizzazione delle risorse e per un'equa distribuzione della ricchezza. In particolare, gli aiuti dati ai Paesi poveri devono rispondere a criteri di sana logica economica, evitando sprechi che risultino in definitiva funzionali soprattutto al mantenimento di costosi apparati burocratici. Occorre anche tenere in debito conto l'esigenza morale di far sì che l'organizzazione economica non risponda solo alle crude leggi del guadagno immediato, che possono risultare disumane.

Famiglia, comunità umana e legge morale

11. Una famiglia vive in pace se tutti i suoi componenti si assoggettano ad una norma comune: è questa ad impedire l'individualismo egoistico e a legare insieme i singoli, favorendone la coesistenza armoniosa e l'operosità finalizzata. Il criterio, in sé ovvio, vale anche per le comunità più ampie: da quelle locali, a quelle nazionali, fino alla stessa comunità internazionale. Per avere la pace c'è bisogno di una legge comune, che aiuti la libertà ad essere veramente se stessa, anziché cieco arbitrio, e che protegga il debole dal sopruso del più forte. Nella famiglia dei popoli si verificano molti comportamenti arbitrari, sia all'interno dei singoli Stati sia nelle relazioni degli Stati tra loro. Non mancano poi tante situazioni in cui il debole deve piegare la testa davanti non alle esigenze della giustizia, ma alla nuda forza di chi ha più mezzi di lui. Occorre ribadirlo: la forza va sempre disciplinata dalla legge e ciò deve avvenire anche nei rapporti tra Stati sovrani.

12. Sulla natura e la funzione della legge la Chiesa si è pronunciata molte volte: la norma giuridica che regola i rapporti delle persone tra loro, disciplinando i comportamenti esterni e prevedendo anche sanzioni per i trasgressori, ha come criterio la norma morale basata sulla natura delle cose. La ragione umana, peraltro, è capace di discernerla, almeno nelle sue esigenze fondamentali, risalendo così alla Ragione creatrice di Dio che sta all'origine di tutte le cose. Questa norma morale deve regolare le scelte delle coscienze e guidare tutti i comportamenti degli esseri umani. Esistono norme giuridiche per i rapporti tra le Nazioni che formano la famiglia umana? E se esistono, sono esse operanti? La risposta è: sì, le norme esistono, ma per far sì che siano davvero operanti bisogna risalire alla norma morale naturale come base della norma giuridica, altrimenti questa resta in balia di fragili e provvisori consensi.

13. La conoscenza della norma morale naturale non è preclusa all'uomo che rientra in se stesso e, ponendosi di fronte al proprio destino, si interroga circa la logica interna delle più profonde inclinazioni presenti nel suo essere. Pur con perplessità e incertezze, egli può giungere a scoprire, almeno nelle sue linee essenziali, questa legge morale comune che, al di là delle differenze culturali, permette agli esseri umani di capirsi tra loro circa gli aspetti più importanti del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto. È indispensabile risalire a questa legge fondamentale impegnando in questa ricerca le nostre migliori energie intellettuali, senza lasciarci scoraggiare da equivoci e fraintendimenti. Di fatto, valori radicati nella legge naturale sono presenti, anche se in forma frammentata e non sempre coerente, negli accordi internazionali, nelle forme di autorità universalmente riconosciute, nei principi del diritto umanitario recepito nelle legislazioni dei singoli Stati o negli statuti degli Organismi internazionali. L'umanità non è « senza legge ». È tuttavia urgente proseguire nel dialogo su questi temi, favorendo il convergere anche delle legislazioni dei singoli Stati verso il riconoscimento dei diritti umani fondamentali. La crescita della cultura giuridica nel mondo dipende, tra l'altro, dall'impegno di sostanziare sempre le norme internazionali di contenuto profondamente umano, così da evitare il loro ridursi a procedure facilmente aggirabili per motivi egoistici o ideologici.

Superamento dei conflitti e disarmo

14. L'umanità vive oggi, purtroppo, grandi divisioni e forti conflitti che gettano ombre cupe sul suo futuro. Vaste aree del pianeta sono coinvolte in tensioni crescenti, mentre il pericolo che si moltiplichino i Paesi detentori dell'arma nucleare suscita motivate apprensioni in ogni persona responsabile. Sono ancora in atto molte guerre civili nel Continente africano, sebbene in esso non pochi Paesi abbiano fatto progressi nella libertà e nella democrazia. Il Medio Oriente è tuttora teatro di conflitti e di attentati, che influenzano anche Nazioni e regioni limitrofe, rischiando di coinvolgerle nella spirale della violenza. Su un piano più generale, si deve registrare con rammarico l'aumento del numero di Stati coinvolti nella corsa agli armamenti: persino Nazioni in via di sviluppo destinano una quota importante del loro magro prodotto interno all'acquisto di armi. In questo funesto commercio le responsabilità sono molte: vi sono i Paesi del mondo industrialmente sviluppato che traggono lauti guadagni dalla vendita di armi e vi sono le oligarchie dominanti in tanti Paesi poveri che vogliono rafforzare la loro situazione mediante l'acquisto di armi sempre più sofisticate. È veramente necessaria in tempi tanto difficili la mobilitazione di tutte le persone di buona volontà per trovare concreti accordi in vista di un'efficace smilitarizzazione, soprattutto nel campo delle armi nucleari. In questa fase in cui il processo di non proliferazione nucleare sta segnando il passo, sento il dovere di esortare le Autorità a riprendere con più ferma determinazione le trattative in vista dello smantellamento progressivo e concordato delle armi nucleari esistenti. Nel rinnovare questo appello, so di farmi eco dell'auspicio condiviso da quanti hanno a cuore il futuro dell'umanità.

15. Sessant'anni or sono l'Organizzazione delle Nazioni Unite rendeva pubblica in modo solenne la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948–2008). Con quel documento la famiglia umana reagiva agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, riconoscendo la propria unità basata sulla pari dignità di tutti gli uomini e ponendo al centro della convivenza umana il rispetto dei diritti fondamentali dei singoli e dei popoli: fu quello un passo decisivo nel difficile e impegnativo cammino verso la concordia e la pace. Uno speciale pensiero merita anche la ricorrenza del 25o anniversario dell'adozione da parte della Santa Sede della Carta dei diritti della famiglia (1983–2008), come pure il 40o anniversario della celebrazione della prima Giornata Mondiale della Pace (1968–2008). Frutto di una provvidenziale intuizione di Papa Paolo VI, ripresa con grande convinzione dal mio amato e venerato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, la celebrazione di questa Giornata ha offerto nel corso degli anni la possibilità di sviluppare, attraverso i Messaggi pubblicati per la circostanza, un'illuminante dottrina da parte della Chiesa a favore di questo fondamentale bene umano. È proprio alla luce di queste significative ricorrenze che invito ogni uomo e ogni donna a prendere più lucida consapevolezza della comune appartenenza all'unica famiglia umana e ad impegnarsi perché la convivenza sulla terra rispecchi sempre di più questa convinzione da cui dipende l'instaurazione di una pace vera e duratura. Invito poi i credenti ad implorare da Dio senza stancarsi il grande dono della pace. I cristiani, per parte loro, sanno di potersi affidare all'intercessione di Colei che, essendo Madre del Figlio di Dio fattosi carne per la salvezza dell'intera umanità, è Madre comune.

A tutti l'augurio di un lieto Anno nuovo!

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2007

BENEDICTUS PP. XVI

giovedì 3 gennaio 2008

Perchè servire "bene"?

Un ministrante quando serve all’altare sa che lui per primo è chiamato a vivere bene quella celebrazione e pregare bene, perché nella misura in cui riesce a vivere bene la liturgia tiene fede a un altro compito importantissimo per cui esiste un gruppo di ministranti: aiutare la comunità a pregare.
E’ per questo che un ministrante, ad esempio, deve conoscere i movimenti da compiere durante una celebrazione: egli sa che prega anche con il corpo. Sapendo questo, allora, quei movimenti da compiere riesce a farli con naturalezza. Solo così svanisce la paura di sbagliare o di dimenticare qualcosa ma potrà vivere attivamente la celebrazione trasmettendo, con il proprio atteggiamento, il senso profondo della liturgia alle persone dell’assemblea.
Durante le celebrazioni del Natale,dunque, ricordiamoci di questo: una celebrazione è veramente solenne e bella solo quando il cuore e la mente di tutti pregano; non contano in primo luogo la precisione o l’eleganza con cui ci si muove e quello che si fa, ma la scioltezza con cui si fa tutto; scioltezza che viene solo da un vero spirito di preghiera che ci fa essere attivi e preparati in tutto.

Auguri

Buon 2008 da tutto il gruppo dei ministranti !
Santo - Onomastico del giorno offerto da PaginaInizio