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venerdì 28 marzo 2008

Padre Pio da Pietrelcina



Padre Pio da Pietrelcina (nato Francesco Forgione; Pietrelcina, 25 maggio 1887 – San Giovanni Rotondo, 23 settembre 1968) è stato un presbitero e francescano italiano.

Membro dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che ne celebra la memoria liturgica il 23 settembre, anniversario della morte. È stato destinatario, ancora in vita, di una venerazione popolare di imponenti proporzioni, anche in seguito alla fama di taumaturgo da lui acquisita derivante da presunte capacità soprannaturali attribuitegli, ma è stato anche fatto oggetto di forti critiche e di sospetti in ambienti ecclesiastici e non.

Il frate scelse il nome religioso di Pio per onorare il santo martire venerato nell'attuale chiesa di Sant'Anna in Pietrelcina, anche se, in seguito, il suo onomastico sarà celebrato nella memoria di san Pio V.

Gli agiografi descrivono la personalità di Padre Pio come simpatica e ricca di umanità, anche se apparentemente burbera e scostante, di temperamento piuttosto sanguigno. Fra le caratteristiche che gli vengono riconosciute, oltre all'abitudine di burlarsi degli amici, significativa è sicuramente una personalità esposta a frequenti e repentini cambi di umore. Amava intrattenere rapporti epistolari, arrivando a scrivere migliaia di lettere, raccolte dopo la sua morte in numerosi e spessi volumi
Francesco Forgione nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, un piccolo comune alle porte di Benevento. Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di Sant'Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre, devota a San Francesco d'Assisi [3].

Il padre Grazio Maria Forgione, nato nel 1860, e la madre Maria Giuseppa De Nunzio, nata nel 1859, erano sposati da sei anni ed avevano già avuto tre figli, di cui due già morti, alla nascita di Francesco.

Il 27 settembre 1889 riceve la Comunione e la Cresima dall'allora arcivescovo di Benevento Donato Maria dell'Olio.

Il padre, contadino, possedeva un piccolo appezzamento di terra che però non gli dava il necessario per sostenere la famiglia, e per due volte fu costretto ad emigrare in America in cerca di fortuna. La madre era una donna molto credente e le sue convinzioni ebbero una grande influenza sulla formazione spirituale del futuro frate [4]. Secondo le testimonianze del tempo [5], il ragazzo cresceva tranquillo e sereno, era bravo ed obbediente.

Francesco non frequentò le scuole in maniera regolare perché doveva rendersi utile in famiglia lavorando la terra. Il suo primo maestro fu un contadino che aveva fatto la quinta elementare, il secondo un pettinatore di canapa, ed entrambi svolgevano le loro lezioni di sera. Solo quando ebbe dodici anni cominciò a studiare con metodo, sotto la guida di un vero insegnante, il sacerdote don Domenico Tizzani, che, in un biennio, gli fece svolgere tutto il programma delle elementari. Subito dopo Francesco passò alla scuola per gli studi ginnasiali.

Il desiderio di diventare sacerdote si manifestò molto presto e fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del convento di Morcone, fra Camillo, che periodicamente passava per Pietrelcina a raccogliere offerte. Le pratiche per l'entrata in convento furono iniziate nella primavera del 1902, quando Francesco aveva 14 anni, ma la sua prima domanda ebbe esito negativo. Solo nell'autunno del 1902 arrivò l'assenso.

Il 1° gennaio del 1903, dopo la Comunione, Francesco raccontò di aver avuto una visione che gli confermava e chiariva la sua vocazione alla continua lotta col maligno [6]. La notte del 5 gennaio, l'ultima che passava con la sua famiglia, disse di aver avuto un'altra visione in cui Dio e Maria lo incoraggiavano e lo assicuravano della loro predilezione [7]. La mattina del 6 gennaio, dopo aver ascoltato la messa nella chiesa parrocchiale di Pietrelcina, accompagnato dal suo maestro Angelo Caccavo e dal sacerdote don Nicola Caruso, Francesco venne ricevuto al noviziato dei Cappuccini della provincia religiosa di Foggia, a Morcone (Benevento) [8]. Il 22 gennaio dello stesso anno, a 15 anni, Francesco vestì i panni di probazione del novizio cappuccino e diventò fra Pio.

Concluso l'anno del noviziato, fra Pio emise la professione dei voti semplici (povertà, castità ed obbedienza) il 22 gennaio del 1904. Tre giorni dopo si recò a Sant'Elia a Pianisi per intraprendere gli studi ginnasiali. Il 27 gennaio 1907 emise la professione dei voti solenni. Seguì studi classici e di filosofia e nel novembre del 1908 raggiunse Montefusco, dove proseguì i suoi studi di teologia. Il 18 luglio del 1909, ricevette l'ordine del diaconato, nel noviziato di Morcone. Fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1910 nel Duomo di Benevento, da mons. Paolo Schinosi [9].

In questi anni è attestata la comparsa sulle sue mani delle stimmate, che lo caratterizzeranno per il resto della vita. Ne diede comunicazione per la prima volta l'8 settembre del 1911, in una lettera indirizzata al padre spirituale di San Marco in Lamis: qui il frate parla di un fenomeno che si va ripetendo da quasi un anno, taciuto soltanto perché vinto "sempre da quella maledetta vergogna" (Epist. I, 234). Il 7 dicembre 1911 fece ritorno a Pietrelcina per ragioni di salute, restandovi, salvo qualche breve interruzione, sino al 17 febbraio 1916 (Diario A, 255).

Sempre a causa della sua salute cagionevole, il 25 febbraio 1915 ottenne il permesso di risiedere fuori dal convento, presso la sua casa natale casa, mantenendo l'abito cappuccino. Il 10 ottobre 1915 fra Pio rispose alle domande perentorie, rivoltegli da padre Agostino da San Marco in Lamis, affermando di aver ricevuto le stimmate, "visibili, specie in una mano", e che, pregando il Signore, il fenomeno scomparve, ma non il dolore che rimase "acutissimo" (Epist. I, 669). Rivelò anche di aver subìto quasi ogni settimana, da alcuni anni, la coronazione di spine e la flagellazione (Ibidem).

Sempre lo stesso anno, il 6 novembre, fu chiamato alle armi e si presentò al distretto militare di Benevento (Epist: I, 684-686). Il 6 dicembre venne assegnato alla decima compagnia sanità di Napoli. Svolse il servizio con molte licenze per motivi di salute sino ad essere definitivamente riformato tre anni più tardi, a causa di una broncoalveolite doppia, il 16 marzo 1918 con determinazione del direttore dell'ospedale principale di Napoli (Epist. I, 1005).

Nel frattempo, il 17 febbraio 1916 fra Pio giunse a Foggia, restandovi sette mesi circa e dimorando nel convento di Sant'Anna. La sera del 28 luglio, accompagnato da padre Paolino da Casacalenda, fra Pio arrivò per la prima volta a San Giovanni Rotondo. Pur sentendosi meglio in questo luogo, dopo una settimana circa scese di nuovo a respirare l'aria afosa di Foggia, poiché il permesso chiesto al padre provinciale, anche se non necessario, tardava a venire (Epist. I, 796s).

Fra Pio il 13 agosto scrisse perciò al provinciale, chiedendo di "passare un po' di tempo a San Giovanni Rotondo", dove Gesù gli assicurava che sarebbe stato meglio, per sollevare un po' il fisico e tenersi pronto ad altre prove alle quali Egli volesse assoggettarlo (Epist. I, 798). Il 4 settembre 1916 tornò quindi "provvisoriamente" al convento di San Giovanni Rotondo, aspettando l'arrivo del padre provinciale, per la decisione della sua stabile dimora. Fra Pio venne infine lasciato in questo convento, con l'ufficio di direttore spirituale del seminario serafico (Epist. I, 815ss).
La comparsa delle stigmate (1918-1920)
Nell'agosto del 1918 fra Pio affermò di avere le prime visioni di un personaggio che lo trafiggeva con una lancia, lasciandogli una ferita costantemente aperta (vedi transverberazione). Poco tempo dopo, in seguito ad una ulteriore visione, fra Pio affermò di aver ricevuto delle stigmate. Tali lesioni vennero variamente interpretate: come segno di una particolare santità, o come una patologia della cute (per es. piaghe da psoriasi), o addirittura come auto-inflitte.

Le prime manifestazioni risalgono al 1910 quando il religioso, a causa della sua inspiegabile malattia, aveva lasciato il convento e viveva a casa sua a Pietrelcina. Ogni giorno, dopo aver celebrato la messa, se ne andava in una località della campagna detta Piana Romana, dove suo fratello Michele aveva costruito una capanna per permettergli di pregare e meditare restando all'aria aperta, che giovava molto ai suoi polmoni malati. Al suo confessore rivelò che il fenomeno delle stigmate cominciò a manifestarsi proprio in quel luogo, nel pomeriggio del 7 settembre 1910. Il fenomeno si manifestò con maggior intensità un anno dopo nel settembre 1911, allora il frate scrisse al suo direttore spirituale: In mezzo al palmo delle mani è apparso un po' di rosso, grande quanto la forma di un centesimo, accompagnato da un forte ed acuto dolore. Questo dolore è più sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore. Allo stesso tempo cominciarono a circolare voci secondo le quali [10] il suo corpo aveva cominciato ad emanare un inspiegabile profumo di gelsomino.

La notizia della comparsa delle stigmate fece il giro del mondo e repentinamente San Giovanni Rotondo fu meta di pellegrinaggio da parte di persone che speravano di ottenere grazie. Il merito di alcune conversioni e guarigioni inaspettate fu attribuito dai pellegrini all'intercessione del frate presso Dio. La popolarità di padre Pio e di San Giovanni Rotondo crebbe ancora grazie al passa-parola e la località dovette cominciare ad attrezzarsi per l'accoglienza di un numero di visitatori sempre maggiore.

La situazione divenne imbarazzante per alcuni ambienti della Chiesa cattolica [11]: il Vaticano infatti non aveva notizie precise su cosa stesse realmente accadendo; le scarne informazioni ricevute ben si prestavano ad alimentare il timore di una macchinazione, di fatto sommovente interessi economici, eventualmente perpetrata sfruttando il nome della Chiesa e la tonaca. Un primo inconcludente rapporto fu stilato dal Padre Generale dei cappuccini, il quale a sua volta aveva inviato Giorgio Festa. Questi propese per la soprannaturalità del fenomeno, ma proprio il suo entusiasmo fece dubitare della sua credibilità. Si commissionarono perciò ulteriori indagini, molte delle quali condotte in incognito.


Le indagini (1919-1923)
Il primo medico a studiare le stigmate di Padre Pio fu il professore Luigi Romanelli, primario dell'ospedale civile di Barletta, per ordine del padre superiore Provinciale, nei giorni 15 e 16 maggio 1919. Nella sua relazione fra le altre cose scrisse:
Nel 1920 padre Agostino Gemelli, medico, psicologo e consulente del Sant'Uffizio, fu incaricato dal cardinale Merry Del Val di visitare Padre Pio ed eseguire “un esame clinico delle ferite”. Il Segretario del Sant'Uffizio, chiamato in causa per via dei sospetti su presunte attività scandalose del cappuccino, scelse il Gemelli, è dato supporre, sia per le sue conoscenze scientifiche di altissimo livello, sia per i suoi studi specialistici sui "fenomeni mistici", che aveva condotti sin dal 1913.

"Perciò - pur essendosi recato nel Gargano di propria iniziativa, senza che alcuna autorità ecclesiastica glielo avesse chiesto - Gemelli non esitò a fare della sua lettera privata al Sant'Uffizio una sorta di perizia ufficiosa su padre Pio" (Sergio Luzzatto, Padre Pio, pag. 60).

Il Gemelli volle invece esprimersi compiutamente in merito e volle incontrare il frate, nonostante una malcelata ritrosia di questi. Padre Pio, infatti, mostrò nei confronti del nuovo investigatore un atteggiamento di netta chiusura, non alleviando le polemiche, nonostante l'approccio iniziale del messo vaticano fosse stato di buona apertura sul piano personale.

Il frate rifiutò la visita adducendo che mancava l’autorizzazione scritta del Sant'Uffizio. Furono vane le proteste di padre Gemelli che, incaricato dal Sant'Uffizio e inviato di persona dal cardinal Merry Del Val riteneva di avere il diritto di effettuare un esame medico delle stigmate. Guarino[13] interpreta questo rifiuto come un'implicita ammissione di colpa da padre di Padre Pio. Il frate, supportato dai suoi superiori, condizionò l'esame ad un permesso da richiedersi per via gerarchica, disconoscendo le credenziali di padre Agostino Gemelli, che comunque era in missione ufficiale. Questi abbandonò dunque il convento, irritato ed offeso.

Padre Gemelli espresse quindi la diagnosi:

« È un bluff… Padre Pio ha tutte le caratteristiche somatiche dell'isterico e dello psicopatico… Quindi, le ferite che ha sul corpo... Fasulle… Frutto di un’azione patologica morbosa… Un ammalato si procura le lesioni da sé… Si tratta di piaghe, con carattere distruttivo dei tessuti… tipico della patologia isterica »


e più brevemente lo chiamò "psicopatico, autolesionista ed imbroglione"; i suoi giudizi, che come si è visto non potevano contare su un esame clinico rifiutatogli, avrebbero pur tuttavia pesantemente condizionato per l'autorevolezza della fonte la vicenda del frate.

Come risultato di questa vicenda, il 31 maggio 1923, arrivò un Decreto vero e proprio in cui si pronunciava la condanna esplicita. Il Sant'Uffizio dichiarava dei fatti legati alla vita di padre Pio ed esortava i fedeli a non credere e a non andare a San Giovanni Rotondo.Il decreto venne pubblicato dall' Osservatore Romano organo di stampa del Vaticano, il 5 luglio 1923 e subito ripreso dai giornali di tutto il mondo. Padre Pio era dichiarato ufficialmente imbroglione ed impostore.

Il 15 dicembre del 1924 il dott. Giorgio Festa, chiese alle autorità ecclesiastiche l'autorizzazione a sottoporre il Padre ad un nuovo esame clinico per uno studio ulteriore e più aggiornato, ma non l'ottenne.

L'inchiesta sul frate si chiuse con l'arrivo del quinto e definitivo decreto di condanna (23 maggio 1931) con l'invito ai fedeli di non considerare come sovrannaturali le manifestazioni psichiatriche certificate dal Gemelli, ma i più fedeli sostenitori di Padre Pio non considerano il divieto di Roma vincolante. A Padre Pio venne vietata la celebrazione della messa in pubblico e l'esercizio della confessione.


La revoca delle restrizioni e le ulteriori indagini (1933-1968) [modifica]
Nel 1933 Pio XI revocò le restrizioni precedentemente imposte a padre Pio. Una fonte indipendente suggerisce però che, formalmente, il decreto ufficiale di sconfessione di Padre Pio non sarebbe mai stato revocato.[14].Infatti il Sant'Uffizio non ritrattò i suoi decreti e, ufficialmente, padre Pio continuò a essere condannato dalla Chiesa. A San Giovanni Rotondo accorrevano comunque gente comune, ma anche personaggi famosi. Nel 1938 arrivò Maria José di Savoia che volle farsi fotografare accanto a padre Pio. Giunsero i reali di Spagna, la regina del Portogallo in esilio, Maria Antonia di Borbone, Zita di Borbone-Parma, Giovanna di Savoia Ludovico di Borbone Parma, Eugenio di Savoia e tanti altri. Nel 1950 il numero di persone, in particolare donne, che si volevano confessare era talmente imponente, che venne organizzato un sistema di prenotazioni. Il 9 gennaio 1940 iniziò la costruzione del grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza con le offerte dei fedeli provenienti da tutto il mondo[15]

Papa Giovanni XXIII ordinò ulteriori indagini su Padre Pio, inviando mons. Carlo Maccari: nello spirito del Concilio Vaticano II si voleva intervenire con decisione verso forme di fede popolare considerate arcaiche. All’inizio dell’estate 1960, Papa Giovanni viene informato da monsignor Pietro Parente, assessore del Sant’Uffizio, del contenuto di alcune bobine registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli assume informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si è appuntato i nomi di tre fedelissime: Cleonilde Morcaldi, Tina Bellone e Olga Ieci», più una misteriosa contessa. Il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro foglietti rimasti inediti fino al 2007 e rivelati da Sergio Luzzatto: «Stamane da mgr Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giovanni Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto». E «Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da salvare, e per cui prego intensamente» annota il Pontefice. «L’accaduto—cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur, dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona— fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti». Che, sempre il 25 giugno, annota ancora: «Motivo di tranquillità spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili».[16]

Nel 1964, il nuovo Papa Paolo VI concesse personalmente ma ufficiosamente a Padre Pio da Pietrelcina l'Indulto (reintegro) per continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di San Pio V, sebbene, dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma liturgica. Contemporaneamente, molteplici attività finanziare gestite da Padre Pio passarono in gestione alla Santa Sede.

Il 23 settembre 1968 Padre Pio morì all'età di 81 anni. Ai suoi funerali parteciparono più di centomila persone giunte da ogni parte d'Italia.
La canonizzazione
Le pratiche giuridiche preliminari del processo di beatificazione inizieranno un anno dopo la morte del Padre, nel 1969, ma incontrarono molti ostacoli, da parte di coloro che erano stati nemici dichiarati di Padre Pio. Furono ascoltati decine di testimoni e raccolti 104 volumi di disposizioni e documenti, e nel 1979 tutto il materiale fu inviato a Roma al vaglio degli esperti del Papa. Il procedimento che portò alla canonizzazione ebbe inizio con il nihil obstat del 29 novembre 1982. Il 20 marzo 1983 iniziò il processo diocesano per la sua canonizzazione. Il 21 gennaio 1990 Padre Pio venne proclamato venerabile, fu beatificato il 2 maggio 1999 e proclamato santo il 16 giugno 2002 in piazza San Pietro da papa Giovanni Paolo II come san Pio da Pietrelcina. La sua festa liturgica viene celebrata il 23 settembre.

Tra i segni miracolosi che gli vengono attribuiti troviamo le "stigmate" che portò per 50 anni (20 settembre 1918 - 23 settembre 1968), il dono della bilocazione e della capacità di leggere nei cuori e nella mente delle persone. Tra i molti miracoli che gli vengono attribuiti c'è quello della guarigione del piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo, sul quale è stato celebrato il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio.

Tra i racconti di bilocazione che lo avrebbero visto protagonista c'è quello fornito da Luigi Orione, secondo il quale nel 1925, mentre si trovava in piazza San Pietro per i festeggiamenti in onore di Teresa di Lisieux, gli sarebbe apparso inaspettatamente Padre Pio da Pietrelcina, che in realtà non si mosse mai dal convento che lo ospitava dal 1918 sino alla morte.


I sospetti
La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità, e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della Chiesa.

Di Padre Pio si sospettava innanzitutto una motivazione volta a procacciare un risultato economico (ancorché indiretto) da donazioni e lasciti attraverso una mitizzazione della persona. Questo sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, continuarono ad essere oggetto di illazioni e di scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere sangue di gallina), andava, stando ai risultati dell'indagine, molto bene. A seguito dell'indagine in questione alcuni frati che avevano tradito il voto di povertà furono spostati altrove. Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino: «Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio». Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate scrisse nella sua relazione: «Le [stigmate]…rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a) …determinate artificialmente o volontariamente; b) …manifestazione di uno stato morboso; c) …in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale… Possiamo… pensare che… siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia… diventa fortemente irritante e caustica». (riportato da Mario Guarino, vedi bibliografia). Secondo quanto successivamente riportato da un biografo, lo stesso professor Bignami diede in seguito ordine «di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni e di controllare i suggelli delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni, affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate… L’ottavo giorno in cui furono definitivamente tolte le fasce al Padre Pio, mentre Egli celebrava la Messa, colava tanto sangue dalle mani che fummo costretti a mandare dei fazzoletti perché il Padre potesse asciugarlo»[18].

Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate vengono dal libro di Sergio Luzzatto, in cui si riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista a cui Padre Pio ordinò dell'acido fenico, adatto per la sua causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate [19].

Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.

Nelle biografie che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata più alcuna traccia delle stigmate.


Le malattie
Nel diario di padre Agostino da San Marco in Lamis, direttore spirituale di padre Pio, si legge che nel 1892, quando il giovane Francesco Forgione aveva solo 5 anni era affetto da diverse malattie. A 6 anni venne colpito da una grave enterite, che lo costrinse al letto per un lungo periodo. A 10 anni si ammalò di febbre tifoidea. Nel 1904, fra' Pio venne inviato, con gli altri giovani che insieme a lui avevano superato l'anno di prova di noviziato, a Sant'Elia a Pianisi in provincia di Campobasso, per iniziare il periodo di formazione. Ma quasi subito cominciò a star male accusando inappetenza, insonnia, spossatezza, svenimenti improvvisi e terribili emicranie. Vomitava spesso e riusciva a nutrirsi soltanto con del latte. Gli agiografi raccontano che proprio in quel periodo, insieme ai malanni fisici, cominciarono a manifestarsi fenomeni a detta dei testimoni inspiegabili. Secondo i loro racconti, di notte, nella sua stanza, si udivano rumori sospetti a volte urli o ruggiti, durante la preghiera, fra' Pio restava come intontito, quasi fosse assente(va ricordato che fenomeni di questo tipo sono frequentemente descritti, nelle agiografie di santi e mistici di ogni tempo, e secondo la psichiatria contemporanea sono spiegabili come sintomi di psicosi o schizofrenia.). Qualche confratello disse addirittura di averlo visto in estasi, sollevato da terra.[21] Nel giugno del 1905 la salute del frate era talmente compromessa che i superiori decisero di mandarlo in un convento di montagna, nella speranza che il cambiamento d'aria gli facesse bene. Le condizioni di salute però, peggioravano ed allora i medici consigliarono di farlo tornare nel suo paese. Anche qui però il suo stato di salute peggiorò.

Negli anni giovanili padre Pio fu anche colpito da "bronchite asmatica", di cui continuò a soffrire fino alla morte. Aveva anche una calcolosi renale grave, con coliche frequenti. Un'altra malattia molto dolorosa fu una specie di gastrite cronica, che poi si trasformò in ulcera. Soffrì di infiammazioni dell'occhio, del naso, dell'orecchio e della gola, e infine di rinite e otite croniche. Nell'estate del 1915, il religioso dovette lasciare Pietrelcina per adempiere al servizio militare. Aveva fatto la visita di leva nel 1907 ed era stato dichiarato abile ma lasciato a casa con un congedo illimitato, fu però richiamato ed il 6 novembre del 1915 si presentò al distretto militare di Benevento, e venne assegnato alla Decima compagnia sanità di Napoli con il numero di matricola 2094/25. Ma dopo circa un mese a causa di continui disturbi cui andava soggetto, venne mandato in licenza per 30 giorni.Tornato in servizio fu sottoposto ad altre visite mediche e rimandato ancora in licenza a per 6 mesi. Trascorse questo periodo di licenza in un convento di Foggia.Ma anche li il religioso stava male. Si decise quindi di spostarlo a San Giovanni Rotondo, un paesino sul Gargano a 600 m. di altezza, dove anche nei mesi caldi faceva relativamente fresco. Arrivò in questo convento il 28 luglio del 1916. A dicembre riprese il servizio militare, ma fu rimandato a casa per altri 2 mesi. Al rientro venne giudicato idoneo e destinato alla caserma di Sales in Napoli,dove rimase fino al marzo del 1917, quando dopo una visita all'ospedale di Napoli gli fu diagnosticata una "tubercolosi polmonare" accertata dall'esame radiologico e mandato a casa con un congedo definitivo. Nel 1925 fu operato per un ernia inguinale, e un po' dopo sul collo si formò una grossa cisti che dovette essere asportata. Un terzo intervento lo subì all'orecchio, si era formato un epitelioma, l'esame istologico eseguito a Roma disse che si trattava di una forma tumorale maligna. Dopo l'operazione padre Pio fu sottoposto a terapia radiologica, che ebbe successo, sembra, in sole due sedute[22] Nel 1956 fu colpito da una grave "pleurite essudativa", la malattia venne accertata radiologicamente dal professore Cataldo Cassano che estrasse personalmente il liquido sieroso dal corpo del Padre. Rimase a letto per 4 mesi consecutivi. Negli anni della vecchiaia il Padre fu tormentato dall'artrite e dall'artrosi.


Le ipertermie
Un fenomeno misterioso che si sarebbe manifestato nel corpo di Padre Pio furono le febbri alte. Tale evento sconcertò alcuni dei medici che in qualche modo si erano interessati alla sua salute. I primi ad osservarle furono i medici dell'ospedale militare di Napoli durante una visita di controllo. La febbre era così alta che il termometro clinico non era in grado di misurarla perché andava fuori scala.Il primo a misurare con esattezza il grado di temperatura della febbre di padre Pio fu un medico di Foggia, quando il frate era ospite di un convento del luogo e continuava a stare male. Il medico ricorse ad un termometro da bagno che registrò una temperatura di 48°. Lo studio scientifico di quelle febbri altissime fu ripreso dal dott. Giorgio Festa nel 1920. Aveva sentito parlare di quell'anomalia e riteneva il fenomeno impossibile. Incominciò a misurargli la temperatura con metodo, due volte al giorno, e diede ordine ai superiori del convento di fare altrettanto in sua assenza(il che senza dubbio suggerisce alcuni dubbi sulla validità di queste misurazioni). I risultati furono giorni in cui la temperatura era di 36,2°-36.5°, giorni in cui arrivava a 48°-48,5°. Il Padre quando era colto da temperature così elevate, appariva molto sofferente, ed agitato sul suo letto, ma senza delirio e senza comuni disturbi che di solito accompagnavano alterazioni febbrili notevoli. Dopo uno o due giorni tutto rientrava nel suo stato normale, e al terzo giorno lo si vedeva nuovamente nel confessionale. Il fenomeno da un punto di vista scientifico era inammissibile, temperature così elevate in una persona umana erano considerate come annunziatori di morte, ma nell'organismo di Padre Pio non solamente non avrebbero dato luogo ad alcun fatto secondario di qualsiasi gravità ma, al terzo giorno, il Padre tornava sereno e tranquillo. Occorre ricordare che già febbri superiori ai 42°C provocano danni cerebrali . La scienza medica considera quindi temperature corporee di 48°-48,5°C incompatibili con la vita umana. Va tuttavia sottolineata la possibilità, con degli artifizi, di procurare un improvviso e apparente aumento della temperatura comporea, a livello meramente locale.


Ricognizione canonica
Il 6 gennaio 2008 il vescovo Domenico D'Ambrosio annunciò durante la messa nel santuario di Santa Maria delle Grazie che nel mese di aprile 2008 il corpo di Padre Pio sarebbe stato riesumato per una ricognizione canonica con l'esposizione alla pubblica venerazione sino al mese di settembre 2008 in vista del quarantesimo anniversario della sua morte. Nella notte tra il 2 e 3 marzo 2008, è stata riaperta la bara che contiene le spoglie mortali di san Pio. Secondo le dichiarazioni dei presenti, alcune parti del corpo sono ben conservate dopo 40 anni dal decesso [29].


mercoledì 12 marzo 2008

Messa in Coena Domini

La Messa in Coena Domini (o Messa della Cena del Signore), che inaugura il Triduo Pasquale, è la seconda celebrazione del Giovedì Santo; in essa si fa memoriale dell'Ultima Cena del Signore con i suoi discepoli, nella quale, secondo la dottrina cattolica, Gesù istituì i Sacramenti dell'Eucarestia e del Sacerdozio, e consegnò ai discepoli il Comandamento dell'Amore ("Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi", Gv 13,34), dopo aver lavato loro i piedi; in memoria di quest'ultimo gesto, la liturgia prevede il rito della Lavanda dei piedi.

La liturgia comincia come tutte le messe, con il saluto iniziale e l'Atto penitenziale; può però essere preceduta dalla presentazione degli olii (Crisma, Olio dei Catecumeni e Olio degli Infermi), benedetti la mattina dal Vescovo durante la messa crismale, mediante una breve processione fino all'altare, dove vengono appoggiati ed incensati. Al Gloria si suonano le campane a festa, secondo gli usi locali, in tutte le Chiese: dopodiché le campane taceranno fino alla notte di Pasqua. La liturgia della Parola consta dei seguenti testi:

prima lettura dal Libro dell'Esodo (Es 12,1-8.11-14)
salmo responsoriale (Sal 115)
seconda lettura dalla Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo apostolo (1Cor 11,23-26)
brano evangelico dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)
Dopo la Liturgia della Parola si compie il gesto della Lavanda dei piedi; il celebrante, tolte le vesti liturgiche (esclusa la stola), comincia a lavare i piedi di dodici persone scelte (che raffigurano i dodici apostoli); durante questo momento si soleva cantare l'inno Ubi Caritas; dopo il Concilio Vaticano II, tuttavia, tale inno fu spostato alla Liturgia eucaristica. Come Preghiera eucaristica si recita tradizionalmente il Canone Romano. Dopo la Comunione, la Pisside contenente ostie consacrate, non viene riposta, ma rimane esposta sull'altare per una breve adorazione; quindi, accompagnata dall'inno Pange lingua, comincia una processione eucaristica fino al luogo della reposizione del Santissimo Sacramento (dove viene intonato il Tantum ergo). Quindi l'assemblea si scioglie in silenzio, senza benedizione o segno di croce. In alcuni luoghi, da quel momento si prolunga l'adorazione per tutta la notte, fino al giorno seguente. Fino alla Veglia Pasquale non si celebrano più Messe. Il Venerdì Santo, infatti, si celebra una semplice Liturgia, senza la consacrazione, e viene consumata l'eucarestia consacrata il giorno precedente.

martedì 4 marzo 2008

Significato dei quaranta giorni della Quaresima

Si dice abitualmente che la durata della Quaresima è di quaranta giorni; in realtà il calcolo esatto arriva (nel rito romano) a quarantaquattro giorni. Alla fine del IV secolo, e ancora oggi nel rito ambrosiano, la Quaresima iniziava di domenica (1 giorno), durava cinque settimane complete (5x7=35 giorni) e si concludeva il giovedì della settimana santa (altri 4 giorni), per un totale di quaranta giorni esatti. Poi alla fine del V secolo l'inizio venne anticipato al mercoledì precedente la prima domenica (altri 4 giorni), e furono inclusi il Venerdì Santo e il Sabato Santo nel computo della Quaresima: in tutto 46 giorni. Ciò era dovuto all'esigenza di computare esattamente quaranta giorni di digiuno ecclesiastico prima della Pasqua, dato che nelle 6 domeniche di Quaresima non era (e non è) consentito digiunare. Con la riforma del Concilio Vaticano II il Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo ha riacquistato una sua autonomia liturgica, e il tempo di Quaresima termina nel rito romano con l'Ora Nona del Giovedì Santo. Per questo oggi la quaresima dura dal Mercoledì delle Ceneri fino al giovedì santo, per un totale di quarantaquattro giorni; i giorni di penitenza prima della Pasqua restano però ancora 40.

Nella determinazione della durata ebbe grande peso il numero quaranta che ricorre nell'Antico Testamento molte volte. Le risonanze principali che hanno a che fare con la quaresima sono:

i quaranta giorni del diluvio universale (Genesi 7,4.12.17;8,6)
i quaranta giorni passati da Mosè sul monte Sinai (Esodo 24,18; Deuteronomio 9,9.11.18.25;10,10)
i quaranta giorni che impiegarono gli esploratori ebrei per esplorare la terra in cui sarebbero entrati (Numeri 13,25)
i quaranta giorni camminati dal profeta Elia per giungere al monte Oreb (1Re 19,8)
i quaranta giorni di tempo che, nella predicazione di Giona, Dio dà a Ninive prima di distruggerla (Giona 3,4)
Nel Nuovo Testamento ci sono alcuni passi chiave nei quali si parla di quaranta giorni:

i quaranta giorni che Gesù passò nel deserto (Matteo 4,2; Marco 1,13; Luca 4,2)
i quaranta giorni in cui Gesù ammaestrò i suoi discepoli tra la resurrezione e l'Ascensione (Atti 1,3)
Un altro riferimento significativo sono i quaranta anni trascorsi da Israele nel deserto (Deuteronomio 2,7): è il tempo della prova a cui YHWH sottopone il popolo d'Israele, tempo di purificazione, tempo in cui rinasce una nuova generazione fedele a Dio.

Il carattere originario della quaresima fu riposto nella penitenza di tutta la comunità cristiana e dei singoli, protratta per quaranta giorni.
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