D'origine orientale di questa solennità è nel suo stesso nome: "epifania", cioè rivelazione, manifestazione; i latini usavano la denominazione "festivitas declarationis" o "apparitio", col prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano attraverso l'adorazione dei magi, ai Giudei col battesimo nelle acque del Giordano e ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana. L'episodio dei magi, al di là di ogni possibile ricostruzione storica, possiamo considerarlo, come hanno fatto i Padri della Chiesa, il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani: i magi furono l'esplicita dichiarazione che il vangelo era da predicare a tutte le genti.
Per la Chiesa orientale ha grande rilievo il battesimo di Cristo, la "festa delle luci", come dice S. Gregorio Nazianzeno, anche come contrapposizione ad una festa pagana del "sol invictus". In realtà, sia in Oriente come in Occidente l'Epifania ha assunto il carattere di una solennità ideologica, trascendente singoli episodi storici: si celebra la manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, cioè la prima fase della redenzione. Cristo si manifesta ai pagani, ai Giudei, agli apostoli: tre momenti successivi della relazione tra Dio e l'uomo.
Al pagano è attraverso il mondo visibile che Dio parla: lo splendore del sole, l'armonia degli astri, la luce delle stelle nel firmamento sconfinato (nel cielo i magi hanno scoperto il segno divino) sono portatori di una certa presenza di Dio.
Partendo dalla natura, i pagani possono "compiere le opere della legge", poiché, come diceva S. Paolo agli abitanti di Listri, il "Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano... nelle generazioni passate ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi di cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori" (At 14,15-17). Ora "in questi giorni, (Dio) ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo " (Eb 1,2). I molti mediatori della manifestazione della divinità trovano il loro termine nella persona di Gesù di Nazaret, nel quale risplende la gloria di Dio. Perciò noi possiamo oggi esprimere "l'umile, trepidante, ma piena e gaudiosa professione della nostra fede, della nostra speranza, del nostro amore" (Paolo VI).
Martirologio Romano: Solennità dell’Epifania del Signore, nella quale si venera la triplice manifestazione del grande Dio e Signore nostro Gesù Cristo: a Betlemme, Gesù bambino fu adorato dai magi; nel Giordano, battezzato da Giovanni, fu unto dallo Spirito Santo e chiamato Figlio da Dio Padre; a Cana di Galilea, alla festa di nozze, mutando l’acqua in vino nuovo, manifestò la sua gloria.
I Re Magi, secondo la tradizione, vengono da Oriente a portare i loro doni al Bambino Gesù.``In questo affresco – opera del famoso pittore italiano Giotto – Nostra Signora mentre tiene al collo il suo Divin Figlio sta seduta su un specie di tronetto riccamente adornato e sormontato da un baldacchino, ed è vestita in un modo che è a sua volta molto ricco. Deve ricevere dei re, e Giotto la fa vestire con la dovuta pompa. Accanto a Nostra Signora appaiono angeli, san Giuseppe, santi e altre persone, e si ha l’impressione che l’autore voglia rappresentare una sorta di tempio. O forse Giotto ha pensato alle persone di epoche successive, che in futuro avrebbero contemplato la scena spiritualmente e in adorazione.
L’elemento che più attira l’attenzione è questo: uno dei re sta adorando il Bambino Gesù e baciando i suoi piedi. Gli altri due monarchi se ne stanno tranquilli, come assorti in preghiera di fronte a Nostra Signora e al Bambino-Dio, mentre guardano il loro compagno di viaggio – e fratello nella regalità – adorare il Divino Infante. Hanno l’aria di persone felici di quello che sta loro accadendo, mentre aspettano che venga il loro turno. Ma attendono senza impazienza, con quella tranquillità e serenità medievali che per Giotto esprime la presenza di Dio, dello Spirito e della grazia divina nell’anima di questi personaggi.
Ancora, dietro ai due re si nota in uomo che sta cercando di tenere buono o fermo uno di due cammelli, il quale rischia di creare qualche problema. Quest’uomo non è bello. Giotto vi ha raffigurato l’homo animalis: l’uomo nella sua dimensione meramente materiale, senza nulla di soprannaturale né di tranquillo o di sereno. È l’uomo bruto, agitato e concitato, rivelato dalla narice fremente, dagli occhi spiritati, dall’aria arrogante. Si ha l’impressione che non possa proprio fare più che il cammelliere.
da www.santiebeati.it
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