Tempo Ordinario

domenica 30 dicembre 2007

Le indulgenze

La dottrina dell'indulgenza è nata in ambito cristiano e si riferisce alla credenza nella possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato, dal peccatore che abbia confessato sinceramente il suo errore e sia stato perdonato tramite il sacramento della confessione. A seguito della riforma protestante, che contestò questa dottrina sostenendo che essa non abbia un fondamento nella Bibbia, rimase un uso prettamente cattolico.
L’indulgenza può essere parziale o plenaria cioè può liberare in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati; è attualmente disciplinata dai documenti Indulgentiarum doctrina e Manuale delle indulgenze.
Il Concilio di Trento usò grande rigore nel terminare gli abusi abolendo le questue e i quaestores di indulgenze. La pubblicazione di queste ultime fu riservata al vescovo e i due membri del Capitolo, da lui incaricati di ricevere le offerte spontanee dei fedeli, non potevano prelevare nessuna quota, anche minima, per loro. Dal XVI secolo ai giorni nostri il sistema delle indulgenze si andò semplificando e il Papato riuscì ad evitare gli abusi passati ponendo grande accento sulla necessità del pentimento, del perdono dato da Dio a seguito della confessione, del valore dell'indulgenza sulla sola pena temporale e della spontaneità delle offerte.
Ancora oggi l'indulgenza è in uso nella religione cattolica, che la considera una parte importante dell'economia della salvezza delle anime. L'indulgenza cancella gli effetti negativi di un peccato che sia stato sinceramente confessato con l'intento onesto di non ripeterlo ed aiuta il peccatore a fortificarsi moralmente e cambiare vita, eliminando da sé progressivamente il male interiore che dovrà ripudiare completamente.
La dottrina del tesoro della Chiesa resta in vigore, insegnando che il bene operato da alcuni (Gesù, Maria, i santi) torna a vantaggio di tutti. Secondo tale dottrina, il tesoro della Chiesa viene amministrato dalla stessa a beneficio di chi è in vita e per tramite dei vivi a beneficio delle anime dei defunti che stanno purificandosi nel Purgatorio. L'indulgenza chiesta dai vivi per i loro defunti aiuta la purificazione di chi in Purgatorio "attende" di essere ammesso in Paradiso. Questo è il nocciolo del dogma della comunione dei santi: le preghiere e le opere di bontà che tutti possono fare, valgono per tutti gli uomini, per tutte le anime e vanno a combattere il male che gli stessi uomini commettono.
Si chiama indulgenza plenaria quella che libera per intero dalla pena temporale dovuta per i peccati; indulgenza parziale quella che ne libera solo in parte. Un tempo ogni indulgenza parziale era accompagnata da un certo numero di giorni e di anni che ne specificava il valore: dicendo "100 giorni di indulgenza" si intendeva che quella indulgenza liberasse dalla pena che si sarebbe altrimenti dovuta scontare con 100 giorni di Purgatorio. In questo modo si introduceva un sistema troppo tecnico e automatico, che snaturava il concetto stesso di Purgatorio, di cui non è possibile indicare un luogo o una durata.
Oggi le indulgenze parziali non sono più distinte le une dalle altre e, per quanto riguarda il loro valore, "si è ritenuto stabilire che la remissione della pena temporale, che il fedele acquista con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che l'autorità ecclesiastica liberamente aggiunge con l'indulgenza parziale". Quindi compiendo un'opera buona a cui è annessa una indulgenza parziale, un fedele ottiene una remissione di pena per il bene stesso che ha compiuto e altrettanta remissione grazie all'indulgenza amministrata dalla Chiesa.
Per ottenere una indulgenza plenaria o parziale un cristiano, completamente distaccato dal peccato anche veniale, deve:
1)confessarsi, per ottenere il perdono dei peccati;
2)fare la comunione eucaristica, per essere spiritualmente unito a Cristo;
3)pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa;
4)compiere una delle opere buone a cui è annessa l'indulgenza. Alcune di queste opere ottengono una indulgenza plenaria, altre una indulgenza parziale.


Indulgenze plenarie ottenibili ogni giorno
Adorazione eucaristica, per almeno mezz'ora
Akathistos o Paraclisis
Lettura o ascolto della Sacra Scrittura, per almeno mezz'ora
Pio esercizio della Via Crucis
Rosario mariano
Visita in forma di pellegrinaggio alle basiliche patriarcali di Roma
Indulgenze plenarie concesse in determinati giorni
1 gennaio
Settimana per l'unità dei cristiani
Tutti i venerdì di Quaresima
Giovedì Santo
Venerdì Santo
Sabato Santo
Solennità di Pentecoste
Solennità del Corpo e Sangue di Cristo
Solennità del Sacro Cuore di Gesù
Solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo
2 agosto
Tutti i giorni dal l° fino all'8 novembre
Commemorazione di tutti i fedeli defunti
Solennità di Cristo Re
31 dicembre
Indulgenze plenarie concesse per circostanze particolari
Benedizione papale
Celebrazioni giubilari delle ordinazioni
Congresso eucaristico
Esercizi spirituali
Giornata universalmente dedicata a celebrare qualche fine religioso
Giorno anniversario del proprio battesimo
Giorno della consacrazione della famiglia
Giorno della dedicazione della chiesa o dell'altare
Giorno fissato per una chiesa stazionale
In punto di morte
Nella celebrazione liturgica del fondatore di Istituti di vita consacrata e di Società di vita apostolica
Nella solennità del titolare di una basilica minore, di una chiesa cattedrale, di un santuario, di una chiesa parrocchiale
Pellegrinaggio
Prima Comunione
Prima Messa
Processione eucaristica
Sacre missioni
Sinodo diocesano.
Una volta all'anno, in un giorno scelto liberamente
Visita pastorale

domenica 23 dicembre 2007

Natale 2007

Ogni anno tutti ci prepariamo per festeggiare il giorno di Natale: ci prepariamo a fare il cenone, compriamo i regali e aspettiamo Babbo Natale tutti felici e contenti. Ma dimentichiamo che questo giorno è dedicato alla nascita di Gesù Bambino, magari non andiamo a Messa e non ci ricordiamo nemmeno di fare una preghiera per salutare Dio che nasce in una stalla e non è accolto da nessuno perchè siamo intenti a mangiare al caldo, però mentre noi brindiamo c'è anche chi non festeggia perchè è solo, è povero, ammalato, isolato o dimenticato. Almeno ricordiamoci di Gesù che magari è quel povero che muore di freddo, quel vecchio ammalato che non festeggiano.
Andiamo in chiesa, salutiamo il Signore come facciamo gli auguri ai nostri cari e facciamogli compagnia per qualche minuto. Buone feste

I ministranti

sabato 22 dicembre 2007

La data di nascita di Gesù

Non si conosce l'esatta data di nascita di Gesù, né l'anno, né il mese e il giorno.

La nascita di Gesù si festeggia il 25 dicembre, una data tradizionale scelta per motivi simbolici e teologici legati al significato che ha per i cristiani questo evento.

Il calcolo di Dionigi il Piccolo
Dionigi il Piccolo era un dotto monaco scita che viveva a Roma: circa nel 525 egli calcolò, in base alle indicazioni dei Vangeli e della tradizione, la data di nascita di Gesù, ponendola al 754 dalla fondazione di Roma; inoltre introdusse l'usanza di contare gli anni ab incarnatione Domini nostri Jesu Christi ("dall'incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo"). Questo calcolo fu approvato dal papa Giovanni II e, a partire dall'VIII secolo, adottato in tutto il mondo cristiano su impulso di studiosi come Beda il Venerabile. Questo calcolo viene tuttora utilizzato per la numerazione degli anni del calendario gregoriano, il calendario attualmente in uso nei paesi occidentali, sebbene è ormai fatto accertato che fosse sbagliato. Gesù infatti è nato con ogni probabilità tra il 7 e il 4 a.C., anno certo di morte di Erode il Grande, mandante della celebre "Strage degli innocenti".

Dionigi stabilisce quindi che l'anno di nascita di Gesù sia l'1 dopo Cristo, che corrisponde anche al LX anno consolare dall'elezione per la prima volta di Gaio Giulio Cesare a console; inoltre in base a questo conteggio l'anno 248 di Diocleziano (bisestile) corrispondeva all'anno 532 di Cristo.

È da sottolineare perciò come l'opinione comune che indica come anno di nascita di Gesù l'anno zero sia errata, in quanto lo zero non era conosciuto in Europa a quell'epoca. Dionigi infatti fece precedere immediatamente l'anno 1 dopo Cristo dall'1 avanti Cristo.


I Vangeli
I Vangeli non specificano l'anno di nascita di Gesù, ma forniscono alcune informazioni dalle quali si può tentare di estrapolare una data:

il Vangelo secondo Matteo afferma che Gesù nacque durante il regno di Erode il Grande (Matteo 2,1). Luca conferma in parte questa indicazione: afferma infatti che l'annuncio dell'arcangelo Gabriele a Zaccaria avvenne "al tempo di Erode" (Luca 1,5), ma non specifica se questi fosse ancora in vita al momento della nascita di Gesù, circa quindici mesi dopo.
Luca riferisce che Gesù nacque mentre Giuseppe e Maria si trovavano a Betlemme per partecipare a un censimento indetto dall'imperatore Augusto quando Quirinio era governatore della Siria (Luca 2,1-2).
Più avanti, Luca specifica che la predicazione di Giovanni il Battista iniziò nel quindicesimo anno di impero di Tiberio (l'anno 28 o, secondo altri, il 26) e che in quel momento Gesù aveva "circa trent'anni" (3,1;3,23).
Matteo aggiunge che i Magi osservarono la "stella" che li indusse a mettersi in cammino due anni prima del loro arrivo a Gerusalemme (Matteo 2,16). Alcuni ne deducono che Gesù sia nato almeno due anni prima della morte di Erode. Questa deduzione però è scarsamente fondata in quanto non vi è certezza che Gesù sia effettivamente nato in concomitanza con l'apparire della stella.
I vangeli di Marco e Giovanni, invece, non danno alcuna informazione sulla nascita di Gesù: essi infatti iniziano il racconto dalla predicazione di Giovanni Battista, con Gesù già adulto.
In base alle indicazioni fornite da Giuseppe Flavio, una parte degli storici collocano generalmente la morte di Erode nel 4 a.C.: questo è perciò ritenuto un terminus ante quem per la nascita di Gesù, vale a dire che non può essere nato dopo quell'anno. Anche per questo ne consegue che il calcolo di Dionigi il Piccolo non può essere corretto.

L'indicazione di Luca sul censimento solleva un'ulteriore problema rispetto a questa datazione: infatti risulta che Quirinio divenne governatore solo nel 6 d.C., dopo la deposizione di Archelao, e in quell'occasione bandì un censimento di cui riferisce Giuseppe Flavio. Tertulliano però riporta che l'imperatore Augusto aveva bandito un precedente censimento nel 7 a.C., quindi prima della morte di Erode. Probabilmente Luca, che scrive decenni più tardi, ha confuso le date dei due censimenti; oppure, secondo alcuni storici, Quirinio tenne il governatorato della Siria per due mandati non consecutivi, il primo dei quali coprì il censimento del 7 avanti Cristo. O ancora, secondo la recente ipotesi dei biblisti della scuola esegetica di Madrid, il passo di Luca sarebbe la traduzione errata di una presunta fonte in lingua aramaica, che parlava in realtà di un censimento precedente a quello di Quirinio.


La stella di Betlemme


Sono stati fatti diversi tentativi di identificare la "stella" vista dai Magi (Matteo 2,1-12) con un evento astronomico noto: questo consentirebbe di determinare con maggiore precisione la data della nascita di Gesù.

Il primo tentativo, in ordine di tempo, fu quello di identificare la "stella" con la cometa di Halley; essa tuttavia passò nel 12 a.C., il che sembra essere troppo presto. In tempi recenti è stato proposto che si sia trattato di un allineamento planetario: da questa ipotesi si ottiene una datazione compresa tra il 7 e il 6 a.C. Secondo altri potrebbe essere stata una nova: gli annali astronomici cinesi e coreani riportano un evento simile nel 5 a.C.


Giorno di nascita
Sul giorno di nascita i Vangeli forniscono una sola indicazione chiara:

Zaccaria ebbe la visione dell'arcangelo Gabriele mentre serviva nel Tempio di Gerusalemme durante il turno della classe sacerdotale di Abia, alla quale apparteneva (Luca 1,5;1,8). Gesù nacque circa 15 mesi dopo (sei mesi tra il concepimento di Giovanni e quello di Gesù (Luca 1,26) più nove mesi di gravidanza).
Conoscendo il calendario dei turni di servizio delle classi sacerdotali, ne potremmo ricavare con una certa precisione in che periodo dell'anno nacque Gesù. Alcuni studiosi, tuttavia, ritengono probabile che il turno di Zaccaria si sia svolto verso la fine di settembre[1][2]: Tra questi va ricordato lo studio di un docente ebreo dell'Università di Gerusalemme, il professor Shemarjahu Talmon, il quale nel 2003 è riuscito a calcolare l'esatto ordine cronologico di servizio al Tempio delle classi sacerdotali basandosi sui rotoli di Qumran. La classe di Abia, alla quale apparteneva Zaccaria, era in servizio nella seconda metà di settembre. Caso vuole che gli ortodossi festeggino ancor'oggi l'annuncio dell'arcangelo Gabriele a Zaccaria il 23 settembre. Prenderebbe forza, in questo caso, l'ipotesi che tale data possa essere stata tramandata da una tradizione antica e avere un fondamento reale.

Altri, però, osservano che la notte in cui nacque Gesù, vi erano dei pastori che custodivano il loro gregge all'aperto (Luca 2,18). È improbabile che ciò avvenisse durante l'inverno, quando le temperature a Betlemme sono piuttosto basse. In base a questo ragionamento, Gesù sarebbe probabilmente nato in un periodo più caldo dell'anno.

La presenza dei pastori può però essere letta diversamente: nel periodo autunnale ed invernale alla periferia delle città si trovavano i recinti di pecore. Con l'inizio dell'autunno finiscono i pascoli estivi, lontani dai centri urbani. L'erba dei territori vicino alle città è stata già falciata e fornirà il fieno che nutrirà il bestiame durante l'inverno. Inoltre tra settembre e marzo c'è il periodo di gestazione delle pecore che in marzo partoriranno i nuovi agnelli. Che all'epoca nella regione vi fosse sia il periodo dei pascoli montani e dell'ovile, in cui il bestiame confluisce alla fine del periodo estivo sembrerebbe riflesso in questo passo di Geremia: «Gregge di pecore sperdute era il mio popolo, i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle, avevano dimenticato il loro ovile» (Ger 50,6).

La presenza di pastori a Betlemme durante la stagione invernale e per il controllo del bestiame sia di giorno che di notte, per evitare aggressioni da parte di predatori, sia perché a Betlemme era convenuta molta gente per il censimento e quindi bisognava prevenire anche eventuali furti di bestiame potrebbe quindi non essere in contraddizione con la nascita di Gesù nel mese di dicembre.

domenica 16 dicembre 2007

Domenica Gaudete

L'espressione Domenica Gaudete indica, nel calendario liturgico della Chiesa Cattolica, la terza domenica di Avvento.
Essa può capitare in un giorno compreso tra l'11 e 17 dicembre a seconda della collocazione del Natale rispetto alla domenica.
Il termine Gaudete significa dal latino gioite, rallegratevi e compare nell'introito della Messa prevista per questa domenica:

« Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino. »


In questa domenica può essere utilizzato il colore liturgico rosa al posto del viola previsto per il periodo di avvento.

Un tempo questa domenica voleva essere per i fedeli una breve sosta nel cammino di penitenza che il tempo di avvento richiedeva, con la possibilità anche di interrompere il lungo digiuno. Il Rosa quindi, pur rimanendo legato al Viola della penitenza, era alleviato dal Bianco dell'imminente solennità del Natale.

martedì 4 dicembre 2007

Il presepe

Il termine presepe (o più correttamente (notare le diverse voci dei dizionari) presepio) deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Nel significato comune il presepe indica la scena della nascita di Cristo, derivata dalle sacre rappresentazioni medievali.

Il presepe antico
Per comprendere il significato originario del presepe, occorre chiarire la figura del lari (lares familiares), profondamente radicata nella cultura etrusca e latina.

I larii erano gli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia. Ogni antenato veniva rappresentato con una statuetta, di terracotta o di cera, chiamata sigillum (da signum = segno, effigie, immagine).

Le statuette venivano collocate in apposite nicchie e, in particolari occasioni, onorate con l'accensione di una fiammella.

In prossimità del Natale si svolgeva la festa detta Sigillaria (20 dicembre), durante la quale i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari defunti durante l'anno.

In attesa del Natale, il compito dei bimbi delle famiglie riunite nella casa patriarcale, era di lucidare le statuette e disporle, secondo la loro fantasia, in un piccolo recinto nel quale si rappresentava un ambiente bucolico in miniatura.

Nella vigilia del Natale, dinnanzi al recinto del presepe, la famiglia si riuniva per invocare la protezione degli avi e lasciare ciotole con cibo e vino.

Il mattino seguente, al posto delle ciotole, i bambini trovavano giocattoli e dolci, "portati" dai loro trapassati nonni e bisnonni.

Dopo l'assunzione del potere nell'impero (IV secolo), in pochi secoli i cristiani tramutarono le feste tradizionali in feste cristiane, mantenendone i riti e le date, ma mutando i nomi ed i significati religiosi.

Essendo una tradizione molto antica e particolarmente sentita (perché rivolta al ricordo dei familiari defunti), il presepe sopravvisse nella cultura rurale con il significato originario almeno fino al XV secolo e, in alcune regioni italiane, ben oltre.


Il presepe moderno
La sacra Famiglia: San Giuseppe, la Madonna e il BambinoSolitamente questa locuzione viene usata per la ricostruzione tradizionale della natività di Gesù Cristo durante il periodo natalizio.
Si riproducono tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l'asinello agli agnelli, e così via.
La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica.
I presepi popolari più conosciuti sono quelli di San Gregorio Armeno a Napoli.


Evoluzione del presepe moderno
Il presepio di Piazza di Spagna a Roma La tradizione, tutta italiana, del Presepe risale all'epoca di San Francesco d'Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività. Sebbene esistessero anche precedentemente immagini e rappresentazioni della nascita del Cristo, queste non erano altro che "sacre rappresentazioni" delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale.

Il primo presepe scolpito a tutto tondo di cui si ha notizia è quello realizzato da Arnolfo di Cambio fra il 1290 e il 1292. Le statue rimanenti si trovano nel Museo Liberiano della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Nel XV secolo si diffuse l'usanza di collocare nelle chiese grandi statue permanenti, tradizione che si diffuse anche per tutto il XVI secolo. Uno dei più antichi, tuttora esistenti, è il presepe monumentale della Basilica di Santo Stefano a Bologna, che viene allestito ogni anno per Natale.

Dal XVII secolo il presepe iniziò a diffondersi anche nelle case dei nobili sotto forma di "soprammobili" o di vere e proprie cappelle in miniatura anche grazie all'invito del papa durante il Concilio di Trento poiché ammirava la sua capacità di trasmettere la fede in modo semplice e vicino al sentire popolare. Nel XVIII secolo, addirittura, a Napoli si scatenò una vera e propria competizione fra famiglie su chi possedeva il presepe più bello e sfarzoso: i nobili impegnavano per la loro realizzazione intere camere dei loro appartamenti ricoprendo le statue di capi finissimi di tessuti pregiati e scintillanti gioielli autentici. Nello stesso secolo a Bologna, altra città italiana che vanta un'antica tradizione presepistica, venne istituita la Fiera di Santa Lucia quale mercato annuale delle statuine prodotte dagli artigiani locali, che viene ripetuta ogni anno, ancora oggi, dopo oltre due secoli.

Con i secoli successivi il presepe occupò anche gli appartamenti dei borghesi e del popolino, ovviamente in maniera meno appariscente, resistendo fino ai giorni nostri.

Attualmente, si vanno diffondendo anche i presepi meccanici, con movimento sincronizzato dei personaggi. Ecco alcuni esempi:

Presepe meccanico di San Pietro del Gallo (Cuneo)
Presepe meccanico di Vecchiazzano (Forlì)
Presepe meccanico di Pallerone (Aulla).

Simbologia e origine delle ambientazioni
Natività


Questa scena - ricavata a nicchia da un più vasto presepe di ambientazione genovese fra Seicento e Settecento - ha in sé una singolare autocitazione: raffigura, infatti, un gruppo di popolane intente a vendere materiali per realizzare presepi

Il Presepe, come gran parte dell'arte sacra, è una rappresentazione che utilizza largamente simboli per trasmettere il messaggio della Natività. Per questo, nei personaggi e nelle ambientazioni, attinge largamente anche ai Vangeli apocrifi e da arcane tradizioni dimenticate. I Vangeli canonici infatti parlano della natività in modo molto vago tralasciando molti particolari scenografici.
Tanto per citarne alcuni, il bue a l'asinello, simboli immancabili di ogni presepe, derivano da un'antica profezia di Isaia che dice "Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone". Sebbene Isaia non si riferisse assolutamente alla nascita del Cristo, l'immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall'asino).

Anche la stalla o la grotta in cui Maria e Giuseppe avrebbero dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. Anche quest'informazione arriva dai Vangeli apocrifi. Tuttavia, l'immagine della grotta è un ricorrente simbolo mistico e religioso per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: del resto si credeva che anche Mitra, una divinità persiana venerata anche tra i soldati romani, fosse nato in una grotta il 25 dicembre.

I Re Magi, invece, derivano dal Vangelo dell'infanzia armeno. In particolare, questo vangelo colma le lacune che invece Matteo non risolve, ovvero il numero e il nome di questi sapienti orientali: il vangelo in questione fa i nomi di tre sacerdoti persiani: Melkon, Gaspar e Balthasar, anche se non manca chi vede in essi un persiano (recante in dono oro), un arabo meridionale (recante l'incenso) e un etiope (recante la mirra).
Così i re magi entrarono nel presepe, sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa.

Tuttavia, alcuni aspetti derivano da tradizioni molto più recenti. Il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici. Questa è comunque una caratteristica di tutta l'arte sacra, che, almeno fino al XX secolo, ha sempre rappresentato gli episodi della vita di Cristo con costumi ed ambientazioni contemporanee all'epoca di realizzazione dell'opera. Nel presepe bolognese, invece, vengono aggiunti alcuni personaggi tipici, la Meraviglia, il Dormiglione e, di recente, la Curiosa.

Storia e significato del dogma dell'Immacolata Concezione

Per comprendere come si è giunti alla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione non si può partire dalla Scrittura, ma occorre collocarsi nel contesto della fede ecclesiale, quello che definiamo sensus fidei, che ha un ruolo determinante anche nei primi dogmi mariani, ma che ha un ruolo preponderante nel caso specifico dello sviluppo del dogma dell'Immacolata.
Quando parliamo di sensus fidei, intendiamo quella capacità, che è propria di tutto il popolo fedele, di sviluppare le virtualità contenute in un dato rivelato. È quanto Gesù affermava che ci sarebbe stato concesso con il dono dello Spirito: «Vi guiderà alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Il Concilio vede concorrere nel sensus fidei tre elementi fondamentali: la riflessione dei fedeli, l'esperienza spirituale, la predicazione dei vescovi (Dei Verbum 8). Sono proprio questi gli elementi che emergono nella lunga storia del dogma dell'Immacolata.


L'influsso prioritario della fede popolare
È un fatto che la fede popolare nell'Immacolata Concezione della Vergine precede la riflessione teologica e il Magistero, che come sappiamo si pronuncia definitivamente nel 1854. Come si esprime questa fede popolare? Bisogna ricorrere a indicazioni di ordine diverso.
Una prima indicazione viene dal Protovangelo di Giacomo (II sec.), un vangelo apocrifo che, nello stile fantasioso che gli è proprio, rappresenta la prima presa di coscienza intuitiva della santità perfetta e originale di Maria fin dalla sua concezione. Nella polemica pelagiana sia Agostino che i suoi oppositori sembrano, a proposito di Maria, influenzati dalla pietà popolare. Nel De natura e gratia Agostino riferisce, ad esempio, un'espressione di Giuliano di Eclano († 454) che lui stesso condivide: «la pietà impone di riconoscere Maria senza peccato». Sappiamo che l'opinione di Agostino circa l'Immacolata Concezione, tuttavia, è negativa a causa del principio dell'assoluta necessità della redenzione per tutti gli uomini. Nella posizione agostiniana, negativa per motivi teologici circa l'Immacolata Concezione ma rispettosa della pietà popolare, si intravede un contrasto fra dottrina dei colti e intuito del popolo che si risolverà con la vittoria di quest'ultimo.
Nell' XI sec. abbiamo la testimonianza di un teologo, Eadmero († 1134) che difende la fede popolare rispetto alla scienza dei dotti. Nel 1435, durante il concilio di Basilea, il canonico Giovanni di Romiroy si appella alla devozione popolare per indurre i padri conciliari a porre fine alla controversia circa l'Immacolata Concezione per non scandalizzare il popolo cristiano che si sente offeso quando sente affermare che Maria è stata macchiata dalla colpa originale.
Nel corso dei secoli la fede popolare si conferma a favore dell'Immacolata Concezione nonostante l'opposizione di una parte della teologia. È del XVII sec. la testimonianza di un oppositore dell'Immacolata Concezione, Melchior Cano, il quale rivendica ai teologi non al popolo la facoltà di discernere tale verità. Egli afferma che se ciò spettasse al popolo la questione sarebbe già risolta a favore dell'Immacolata Concezione. In questo stesso secolo nascono diverse confraternite sotto il titolo dell'Immacolata Concezione e diverse espressioni artistiche. Un fatto singolare è il cosiddetto «voto del sangue». In alcune università nasce l'iniziativa di fare voto di difendere tale verità fino all'effusione del sangue.
Alfonso Maria de Liguori († 1787) affermerà che esistono due motivi che garantiscono la verità di questa dottrina: il consenso dei fedeli e la celebrazione universale della festa dell'Immacolata. A incentivare il senso dei fedeli concorsero alcuni fattori, quali la predicazione popolare, soprattutto dei Francescani, alcuni catechismi, alcune apparizioni mariane, non ultima quella di rue du Bac (1830) a santa Caterina Labourè, e, soprattutto l'introduzione della festa dell'Immacolata nell'Italia meridionale fin dal IX sec., universalmente dal 1708. Questa pietà popolare svolse un ruolo efficace nella storia del dogma, vincendo le difficoltà teologiche e contribuendo a determinare quel factum ecclesiae, cioè la realtà viva della prassi ecclesiale a cui si richiamerà Pio IX come primo motivo della definizione dogmatica.


Il ruolo illuminante della teologia
Quale fu il ruolo della teologia nello sviluppo del dogma? Non certo quello trainante, ma quello altrettanto importante di «controllo» della fede popolare. Si trattava infatti di armonizzare la fede popolare con l'insieme dei dati rivelati dando a questa verità una formulazione teologica corretta.
È inutile cercare nella patristica riferimenti espliciti all'Immacolata Concezione della Vergine.
Tuttavia, l'elaborazione della figura morale di Maria, la convinzione unanime della sua santità ed esenzione da peccati attuali, è il terreno su cui poteva sbocciare l'idea dell'Immacolata Concezione.
Per i Padri orientali Maria è la «Panaghia», la tutta santa, santificata dallo Spirito Santo. In occidente l'esplicitazione della dottrina sull'Immacolata è dovuta a Pelagio († 422) e a Giuliano di Eclano, tuttavia si tratta di una formulazione non armonizzata con gli altri dati della fede. Il caso di Maria appariva un caso di autosalvezza, sganciata dall'unica salvezza di Cristo.
Agostino, pur volendo mantenere Maria lontana quando si tratta di peccato, non può ammettere alcuna salvezza al di fuori di Cristo. Riconduce, pertanto, Maria all'alveo della condizione umana inficiata dalla colpa originale e bisognosa di redenzione affermando che ella sarebbe stata concepita nel peccato per esserne poi subito liberata. Indubbiamente il riferimento alla redenzione è il tema centrale con cui dovrà confrontarsi, d'ora in avanti, la verità dell'Immacolata Concezione. O questa è un caso di salvezza operata da Cristo o è inaccettabile.
L'esigenza di non sganciare Maria dalla redenzione di Cristo indusse teologi medievali quali Anselmo di Canterbury († 1109), Bernardo di Chiaravalle († 1153), Alberto Magno († 1280), Tommaso d'Aquino († 1274), Bonaventura da Bagnoregio († 1274) ad affermare che Maria venne purificata dal peccato originale in cui era stata concepita.
Solo mediante l'attiva riflessione di alcuni teologi si è spianata la strada verso l'affermazione dell'Immacolata Concezione della Vergine quale effetto dell'azione salvifica di Cristo. Il primo ad affermare senza equivoci che Maria è esente da ogni peccato originale è Pascasio Radberto († 865), ma il primo teologo dell'Immacolata è Eadmero († 1134), discepolo di Anselmo di Canterbury. Egli ritiene conveniente alla Madre di Cristo tale condizione e afferma che Dio «poteva, voleva e la fece» immacolata, nonostante sia nata nella nostra natura umana decaduta. Egli parla, come il suo maestro Anselmo, di redenzione anticipata non ancora di redenzione preservativa.
Questo concetto fu elaborato in forma completa dal francescano Giovanni Duns Scoto († 1308). Per Scoto l'Immacolata Concezione non è un'eccezione alla redenzione di Cristo, ma un caso di perfetta e più efficace azione salvifica dell'unico mediatore. Ella fu preservata dal peccato da Cristo. Ella è, in realtà, il caso più perfetto di salvezza operata da Cristo. La precisazione di Scoto è decisiva nello sviluppo della dottrina circa l'Immacolata Concezione e, man mano, si diffonde fra i teologi.


L'intervento del Magistero
Globalmente va affermato che il Magistero ha posto delle pietre miliari lungo il cammino di chiarificazione di tale dottrina.

* Sisto IV († 1484) proibì a macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia e adottò ufficialmente per Roma la festa della Concezione e ne approvò il nuovo formulario in cui era già chiaramente espresso il privilegio mariano.

* Il Concilio di Trento (1546), senza definire l'Immacolata Concezione dichiarò, tuttavia, di non voler includere Maria nel peccato originale.

* Alessandro VII (1661) si dichiara favorevole all'Immacolata Concezione e vieta di attaccarla sotto qualunque forma.

* Clemente XI (1708) contribuisce alla fede nell'Immacolata Concezione estendendone la festaalla Chiesa universale.

Questi interventi magisteriali trovano il loro punto di arrivo nella proclamazione del dogma da parte del beato Pio IX nel 1854.

Quale fu l'iter seguito dal Papa?

* Nel 1848 istituisce una commissione teologica per studiare ancora questa verità e, soprattutto, esprimersi sulla possibilità di definire il dogma. Non tutti furono d'accordo sull'opportunità della definizione. Antonio Rosmini suggerì al Papa di interrogare tutti i vescovi.

* L'anno successivo, infatti, il Papa pubblica l'enciclica Ubi primum in cui chiede a tutti i vescovi di esprimersi sulla definibilità del dogma. La risposta fu amplissimamente favorevole.

* L' 8 dicembre 1854 il Papa proclama il dogma con la bolla Ineffabilis Deus. La formula della definizione è la seguente: «...Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli».

Possiamo notare che la definizione è elaborata in forma negativa: non riguarda direttamente la santità di Maria, né la sua preservazione dalla concupiscenza, ma unicamente la sua immunità dal peccato originale. La bolla suppone, ma non definisce che Maria è redenta da Cristo, limitandosi adaffermare la dipendenza assoluta da Lui.


Fondamenti biblici
Abbiamo detto giustamente che non si può partire dai fondamenti biblici. Ora, però è necessario ritornare alla Scrittura, perché una verità di fede deve avere un solido fondamento nella Scrittura.
La bolla Ineffabilis Deus riferendosi alla Scrittura non la legge direttamente, ma fa riferimento, continuamente, alla Scrittura commentata dai Padri e Scrittori ecclesiastici. L'argomento biblico, pertanto, non risulta a sé stante, ma è conglobato nella tradizione. Leggiamo, ad esempio, «la dottrina dell'immacolata concezione... a giudizio dei padri è contenuta nella sacra Scrittura».
Ma quali sono questi brani scritturistici letti nella tradizione?
Dell'Antico Testamento si richiama anzitutto Gn 3,15: «Porrò inimicizia fra te e la donna». Dal protovangelo si passa alle figure bibliche maggiormente ricorrenti nei padri, quindi ai testi sapienziali letti nella liturgia, a numerosi scritti dei profeti.
Del Nuovo Testamento è dato speciale risalto a Lc 1,28: «Piena di grazia» e a Lc 1,42: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo».
La Ineffabilis Deus insegna che la Scrittura, se letta con gli occhi della Chiesa, rivela una pienezza di senso che non emerge dalla semplice formulazione del testo, cioè della sola lettera.
La Scrittura contiene germi di cui la Chiesa, guidata dallo Spirito, ha man mano svelato il senso fino a giungere a maturare la propria fede nell'immacolata concezione della Vergine.
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