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martedì 4 dicembre 2007

Storia e significato del dogma dell'Immacolata Concezione

Per comprendere come si è giunti alla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione non si può partire dalla Scrittura, ma occorre collocarsi nel contesto della fede ecclesiale, quello che definiamo sensus fidei, che ha un ruolo determinante anche nei primi dogmi mariani, ma che ha un ruolo preponderante nel caso specifico dello sviluppo del dogma dell'Immacolata.
Quando parliamo di sensus fidei, intendiamo quella capacità, che è propria di tutto il popolo fedele, di sviluppare le virtualità contenute in un dato rivelato. È quanto Gesù affermava che ci sarebbe stato concesso con il dono dello Spirito: «Vi guiderà alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Il Concilio vede concorrere nel sensus fidei tre elementi fondamentali: la riflessione dei fedeli, l'esperienza spirituale, la predicazione dei vescovi (Dei Verbum 8). Sono proprio questi gli elementi che emergono nella lunga storia del dogma dell'Immacolata.


L'influsso prioritario della fede popolare
È un fatto che la fede popolare nell'Immacolata Concezione della Vergine precede la riflessione teologica e il Magistero, che come sappiamo si pronuncia definitivamente nel 1854. Come si esprime questa fede popolare? Bisogna ricorrere a indicazioni di ordine diverso.
Una prima indicazione viene dal Protovangelo di Giacomo (II sec.), un vangelo apocrifo che, nello stile fantasioso che gli è proprio, rappresenta la prima presa di coscienza intuitiva della santità perfetta e originale di Maria fin dalla sua concezione. Nella polemica pelagiana sia Agostino che i suoi oppositori sembrano, a proposito di Maria, influenzati dalla pietà popolare. Nel De natura e gratia Agostino riferisce, ad esempio, un'espressione di Giuliano di Eclano († 454) che lui stesso condivide: «la pietà impone di riconoscere Maria senza peccato». Sappiamo che l'opinione di Agostino circa l'Immacolata Concezione, tuttavia, è negativa a causa del principio dell'assoluta necessità della redenzione per tutti gli uomini. Nella posizione agostiniana, negativa per motivi teologici circa l'Immacolata Concezione ma rispettosa della pietà popolare, si intravede un contrasto fra dottrina dei colti e intuito del popolo che si risolverà con la vittoria di quest'ultimo.
Nell' XI sec. abbiamo la testimonianza di un teologo, Eadmero († 1134) che difende la fede popolare rispetto alla scienza dei dotti. Nel 1435, durante il concilio di Basilea, il canonico Giovanni di Romiroy si appella alla devozione popolare per indurre i padri conciliari a porre fine alla controversia circa l'Immacolata Concezione per non scandalizzare il popolo cristiano che si sente offeso quando sente affermare che Maria è stata macchiata dalla colpa originale.
Nel corso dei secoli la fede popolare si conferma a favore dell'Immacolata Concezione nonostante l'opposizione di una parte della teologia. È del XVII sec. la testimonianza di un oppositore dell'Immacolata Concezione, Melchior Cano, il quale rivendica ai teologi non al popolo la facoltà di discernere tale verità. Egli afferma che se ciò spettasse al popolo la questione sarebbe già risolta a favore dell'Immacolata Concezione. In questo stesso secolo nascono diverse confraternite sotto il titolo dell'Immacolata Concezione e diverse espressioni artistiche. Un fatto singolare è il cosiddetto «voto del sangue». In alcune università nasce l'iniziativa di fare voto di difendere tale verità fino all'effusione del sangue.
Alfonso Maria de Liguori († 1787) affermerà che esistono due motivi che garantiscono la verità di questa dottrina: il consenso dei fedeli e la celebrazione universale della festa dell'Immacolata. A incentivare il senso dei fedeli concorsero alcuni fattori, quali la predicazione popolare, soprattutto dei Francescani, alcuni catechismi, alcune apparizioni mariane, non ultima quella di rue du Bac (1830) a santa Caterina Labourè, e, soprattutto l'introduzione della festa dell'Immacolata nell'Italia meridionale fin dal IX sec., universalmente dal 1708. Questa pietà popolare svolse un ruolo efficace nella storia del dogma, vincendo le difficoltà teologiche e contribuendo a determinare quel factum ecclesiae, cioè la realtà viva della prassi ecclesiale a cui si richiamerà Pio IX come primo motivo della definizione dogmatica.


Il ruolo illuminante della teologia
Quale fu il ruolo della teologia nello sviluppo del dogma? Non certo quello trainante, ma quello altrettanto importante di «controllo» della fede popolare. Si trattava infatti di armonizzare la fede popolare con l'insieme dei dati rivelati dando a questa verità una formulazione teologica corretta.
È inutile cercare nella patristica riferimenti espliciti all'Immacolata Concezione della Vergine.
Tuttavia, l'elaborazione della figura morale di Maria, la convinzione unanime della sua santità ed esenzione da peccati attuali, è il terreno su cui poteva sbocciare l'idea dell'Immacolata Concezione.
Per i Padri orientali Maria è la «Panaghia», la tutta santa, santificata dallo Spirito Santo. In occidente l'esplicitazione della dottrina sull'Immacolata è dovuta a Pelagio († 422) e a Giuliano di Eclano, tuttavia si tratta di una formulazione non armonizzata con gli altri dati della fede. Il caso di Maria appariva un caso di autosalvezza, sganciata dall'unica salvezza di Cristo.
Agostino, pur volendo mantenere Maria lontana quando si tratta di peccato, non può ammettere alcuna salvezza al di fuori di Cristo. Riconduce, pertanto, Maria all'alveo della condizione umana inficiata dalla colpa originale e bisognosa di redenzione affermando che ella sarebbe stata concepita nel peccato per esserne poi subito liberata. Indubbiamente il riferimento alla redenzione è il tema centrale con cui dovrà confrontarsi, d'ora in avanti, la verità dell'Immacolata Concezione. O questa è un caso di salvezza operata da Cristo o è inaccettabile.
L'esigenza di non sganciare Maria dalla redenzione di Cristo indusse teologi medievali quali Anselmo di Canterbury († 1109), Bernardo di Chiaravalle († 1153), Alberto Magno († 1280), Tommaso d'Aquino († 1274), Bonaventura da Bagnoregio († 1274) ad affermare che Maria venne purificata dal peccato originale in cui era stata concepita.
Solo mediante l'attiva riflessione di alcuni teologi si è spianata la strada verso l'affermazione dell'Immacolata Concezione della Vergine quale effetto dell'azione salvifica di Cristo. Il primo ad affermare senza equivoci che Maria è esente da ogni peccato originale è Pascasio Radberto († 865), ma il primo teologo dell'Immacolata è Eadmero († 1134), discepolo di Anselmo di Canterbury. Egli ritiene conveniente alla Madre di Cristo tale condizione e afferma che Dio «poteva, voleva e la fece» immacolata, nonostante sia nata nella nostra natura umana decaduta. Egli parla, come il suo maestro Anselmo, di redenzione anticipata non ancora di redenzione preservativa.
Questo concetto fu elaborato in forma completa dal francescano Giovanni Duns Scoto († 1308). Per Scoto l'Immacolata Concezione non è un'eccezione alla redenzione di Cristo, ma un caso di perfetta e più efficace azione salvifica dell'unico mediatore. Ella fu preservata dal peccato da Cristo. Ella è, in realtà, il caso più perfetto di salvezza operata da Cristo. La precisazione di Scoto è decisiva nello sviluppo della dottrina circa l'Immacolata Concezione e, man mano, si diffonde fra i teologi.


L'intervento del Magistero
Globalmente va affermato che il Magistero ha posto delle pietre miliari lungo il cammino di chiarificazione di tale dottrina.

* Sisto IV († 1484) proibì a macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia e adottò ufficialmente per Roma la festa della Concezione e ne approvò il nuovo formulario in cui era già chiaramente espresso il privilegio mariano.

* Il Concilio di Trento (1546), senza definire l'Immacolata Concezione dichiarò, tuttavia, di non voler includere Maria nel peccato originale.

* Alessandro VII (1661) si dichiara favorevole all'Immacolata Concezione e vieta di attaccarla sotto qualunque forma.

* Clemente XI (1708) contribuisce alla fede nell'Immacolata Concezione estendendone la festaalla Chiesa universale.

Questi interventi magisteriali trovano il loro punto di arrivo nella proclamazione del dogma da parte del beato Pio IX nel 1854.

Quale fu l'iter seguito dal Papa?

* Nel 1848 istituisce una commissione teologica per studiare ancora questa verità e, soprattutto, esprimersi sulla possibilità di definire il dogma. Non tutti furono d'accordo sull'opportunità della definizione. Antonio Rosmini suggerì al Papa di interrogare tutti i vescovi.

* L'anno successivo, infatti, il Papa pubblica l'enciclica Ubi primum in cui chiede a tutti i vescovi di esprimersi sulla definibilità del dogma. La risposta fu amplissimamente favorevole.

* L' 8 dicembre 1854 il Papa proclama il dogma con la bolla Ineffabilis Deus. La formula della definizione è la seguente: «...Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli».

Possiamo notare che la definizione è elaborata in forma negativa: non riguarda direttamente la santità di Maria, né la sua preservazione dalla concupiscenza, ma unicamente la sua immunità dal peccato originale. La bolla suppone, ma non definisce che Maria è redenta da Cristo, limitandosi adaffermare la dipendenza assoluta da Lui.


Fondamenti biblici
Abbiamo detto giustamente che non si può partire dai fondamenti biblici. Ora, però è necessario ritornare alla Scrittura, perché una verità di fede deve avere un solido fondamento nella Scrittura.
La bolla Ineffabilis Deus riferendosi alla Scrittura non la legge direttamente, ma fa riferimento, continuamente, alla Scrittura commentata dai Padri e Scrittori ecclesiastici. L'argomento biblico, pertanto, non risulta a sé stante, ma è conglobato nella tradizione. Leggiamo, ad esempio, «la dottrina dell'immacolata concezione... a giudizio dei padri è contenuta nella sacra Scrittura».
Ma quali sono questi brani scritturistici letti nella tradizione?
Dell'Antico Testamento si richiama anzitutto Gn 3,15: «Porrò inimicizia fra te e la donna». Dal protovangelo si passa alle figure bibliche maggiormente ricorrenti nei padri, quindi ai testi sapienziali letti nella liturgia, a numerosi scritti dei profeti.
Del Nuovo Testamento è dato speciale risalto a Lc 1,28: «Piena di grazia» e a Lc 1,42: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo».
La Ineffabilis Deus insegna che la Scrittura, se letta con gli occhi della Chiesa, rivela una pienezza di senso che non emerge dalla semplice formulazione del testo, cioè della sola lettera.
La Scrittura contiene germi di cui la Chiesa, guidata dallo Spirito, ha man mano svelato il senso fino a giungere a maturare la propria fede nell'immacolata concezione della Vergine.

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